Donald Trump per l’Africa, ma seguendo le nuove rotte Usa di natura commerciale piuttosto che quelle degli aiuti umanitari. Il presidente degli Stati Uniti ospiterà i leader di Gabon, Guinea-Bissau, Liberia, Mauritania e Senegal per una chiacchierata alla Casa Bianca tra il 9 e l’11 luglio 2025.
In primo piano per ora la parte occidentale che guarda all’Atlantico. Bocciata, a quanto pare almeno per ora, la partecipazione della Nigeria, il più grande Paese del continente e con un gigantesco potenziale economico (e demografico) ancora da esprimere.
Incontri stile Trump
Saranno ‘agguati’, come quello fatto al presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, che a maggio, formalmente convocato per un bilaterale, fu strapazzato da Trump? Chi può dirlo.
Il tema sarà la disamina di tutte le possibili “opportunità commerciali” insite nelle relazioni tra questi Paesi e gli Usa, ha affermato mercoledì un funzionario della Casa Bianca. “Trump – ha aggiunto il portavoce della Casa Bianca presentando la notizia – è convinto che ci siano ampie possibilità di accordi win-win”.
Ad est siglata la pace tra Ruanda e RDC…
L’annuncio è arrivato in un momento particolare. A Washington, pochi giorni fa – a proposito di Africa Orientale – Ruanda e RDC hanno siglato un accordo di pace che dovrebbe riportare chiarezza sulla sovranità congolese delle ricche zone minerarie del Lago Kivu, che possiede ampi giacimenti di cobalto, coltan e tanti altri metalli rari e preziosi di quel territorio.
Il presidente Trump ed il suo inviato nel continente hanno nel contempo siglato un accordo con Kigali ed il suo presidente Paul Kagame (nella foto sopra) che rende possibile agli Usa lo sfruttamento di una buona parte di queste risorse ‘scarse’ e perciò preziose, specie in ottica nuove tecnologie. Ed il presidente della RDC, Félix Tshisekedi (nella foto in basso) ha virtualmente candidato The Donald al premio Nobel per la pace.
Gli affari come migliore ancoraggio per rapporti sereni tra le nazioni? L’amministrazione Usa non ha timore a dichiarare di volersi concentrare su commercio e investimenti e di promuovere la prosperità reciproca.
Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha recentemente ribadito che gli Usa hanno abbandonato un modello di relazione basato sugli aiuti e la beneficenza e di volere favorire le nazioni “capaci di aiutare se stesse”.
Con questa strategia, quindi, gli Usa contano di confrontarsi con le iniziative di conquista e presidio dell’emergente mercato africano portate avanti da Cina, Russia, Turchia, emiri.
Sono stati annunciati anche piani per un vertice più ampio tra Stati Uniti e Africa per settembre, anche se finora non è stato confermato nulla da entrambe le parti. E sul tavolo c’è pure il problema dei dazi, che hanno colpito anche vari Paesi del continente. Interessante, in attesa di vedere l’esito degli incontri, dare un’occhiata ai fondamentali dei Paesi invitati negli Usa e cercare di capire quali siano le premesse.
Cinque casi differenti a ovest
Il Gabon, situato sulla costa occidentale dell’Africa, è un importante produttore di petrolio, ma anche oro e uranio, ma con un terzo della sua popolazione (di 2,3 milioni) che vive in povertà. Il dittatore Ali Bongo – ultimo di una lunga dinastia dei Bongo – è stato rimosso con un colpo di Stato nell’agosto 2023 dal generale Brice Oligui Nguema, che ha vinto le elezioni presidenziali di aprile con oltre il 90% dei voti, secondo i risultati provvisori.
La Guinea-Bissau – poverissima e con 2,1 milioni di abitanti – ha fatto parte dell’Impero portoghese. Il Paese ha un enorme debito estero e la sua economia dipende fortemente dagli aiuti internazionali. Il presidente, Umaro Sissoco Embaló, non riesce ad avviare lo sviluppo in un territorio che può contare sulla bauxite, i fosfati (utilizzati in agricoltura come fertilizzanti) e poi granito, calcare, argilla e soprattutto oro e diamanti, presenti ma poco sfruttati, come del resto il petrolio.
La Liberia è la repubblica più antica dell’Africa, fondata da schiavi liberati americani e caraibici, ma oggi abitata principalmente da africani indigeni, mentre i discendenti degli schiavi rappresentano circa il 5% della popolazione.
L’aspettativa di vita in Liberia è di 59 anni per gli uomini e 62 per le donne. La popolazione è di circa 5,3 milioni di persone. Il leader dell’opposizione Joseph Boakai ha sconfitto il presidente uscente George Weah nel ballottaggio delle elezioni presidenziali del novembre 2023, diventando così il nuovo capo di Stato. Diamanti, oro, ferro, bauxite, manganese potrebbero interessare Trump.
La Mauritania – 4,6 milioni di abitanti – è uno dei più recenti produttori di petrolio. In gran parte desertica,è conosciuta come la Repubblica Islamica di Mauritania ed è considerata un ponte tra il Maghreb arabo e l’Africa sub-sahariana occidentale. A nord vive una popolazione arabo-berbera, mentre a sud prevalgono gli africani neri e
molti abitanti sono nomadi. Da Trump andrà l’ex ministro della Difesa Mohamed Ould Ghazouani, dopo aver vinto comodamente le elezioni del giugno 2024 al primo turno, senza bisogno di ballottaggio.
Il Senegal è considerato uno dei modelli di democrazia in Africa, grazie alla sua tradizione di governi stabili e di amministrazione civile. Con una popolazione di circa 17,1 milioni di abitanti, l’economia del Senegal si basa principalmente sull’agricoltura. Saltato il dominio dell’elite filo-francese nel marzo 2024, ha vincere tra molte promesse e tante speranze è stato il politico dell’opposizione Bassirou Diomaye Faye, che è diventato il più giovane presidente eletto dell’Africa. Tutti sono molto curiosi di verificarne l’interazione con Trump.