Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha organizzato un pranzo alla Casa Bianca per i leader africani occidentali di Gabon, Guinea-Bissau, Liberia, Mauritania e Senegal.
Trump e l’Africa occidentale, c’è un motivo di prossimità
Il presidente ha ricevuto i presidenti Brice Oligui Nguema (Gabon), Bassirou Diomaye Faye (Senegal), Umaro Sissoco Embaló (Guinea-Bissau), Mohamed Ould Ghazouani (Mauritania), Joseph Boakai (Liberia), tutte nazioni a portata di navigazione atlantica, quindi.
L’incontro è stato presentato come un vertice di cooperazione economica e sicurezza, ma ha suscitato molte critiche per il tono e il contenuto. Tra le gaffes del presidente, quella di avere scoperto con sorpresa il buon inglese di Bookai (lingua ufficiale del Paese dall’indipendenza).
Accordi su migranti deportati
Ma altri sono stati i problemi scatenati dalla visita. Trump, infatti, ha chiesto apertamente ai leader africani di accettare migranti deportati dagli Stati Uniti, anche se provenienti da Paesi non africani (come Venezuela e America Centrale).
Trump piazzista
In cambio, ha promesso aiuti economici mirati e accesso preferenziale a investimenti USA. Trump ha definito i territori africani come “terre preziose” con “grandi risorse minerarie” e ha incoraggiato gli Stati africani, piuttosto che a coltivare relazioni pacifiche, a comprare armi statunitensi, elogiando la qualità dell’industria bellica americana. Ha sottolineato la necessità di collaborazione nella lotta al terrorismo e riduzione dell’immigrazione illegale, anche attraverso accordi di sicurezza con Paesi terzi.
L’intero incontro è stato descritto da alcuni osservatori come una “scenografia coloniale moderna”, con i leader africani apparsi deferenti e impauriti, ansiosi di compiacere l’inquilino della Casa Bianca. Trump che ha dettato l’agenda e i leader africani hanno mostrato un atteggiamento molto accomodante.