Da un lato la pace costruita con la cooperazione, la giustizia sociale e lo sviluppo. Dall’altro la pace garantita dalla deterrenza militare. Il bilancio 2025 sembra privilegiare la seconda. Forse, anche per vincoli geopolitici e le pressioni internazionali. Ma anche per una contradditoria visione strategica del ruolo dell’Italia nel mondo.
Nel nuovo bilancio dello Stato sono previsti importanti tagli alla cooperazione allo sviluppo. In particolare viene stabilito un totale di 163 milioni di euro in meno di investimenti nel prossimo triennio. Sono così distribuiti: 63,7 milioni di euro nel 2026, 49,7 milioni nel 2027 e 49,7 milioni nel 2028.
Del resto, l’Italia si è impegnata, in sede NATO. E deve portare la spesa militare al 5% del PIL entro il 2035, di cui 3,5% per armamenti e personale e 1,5% per infrastrutture e sicurezza civile.
Non c’è pace senza sviluppo
Il taglio più rilevante – tornando alla spesa sociale – riguarda l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS). Secondo i rappresentanti delle ONG, che hanno espresso i propri dubbi nell’audizione in Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato, il finanziamento scenderà da circa 630 milioni a poco più di 560 milioni. Un intervento drastico, che vuol dire una riduzione del 9,5–10% nel 2026 e ulteriori contrazioni del 7–8% negli anni successivi.
La cooperazione allo sviluppo, hanno rimarcato le organizzazioni della società civile, non è stato fin qui nella storia del nostro Paese semplicemente una voce di bilancio, ma un pilastro della politica estera. Una leva riconosciuta come fondamentale per prevenire l’escalation delle crisi, sostenere percorsi di pace e rafforzare la presenza italiana nei contesti fragili. Tagli prolungati rischiano di compromettere il ruolo dell’Italia nei consessi internazionali e ridurre l’impatto delle iniziative strategiche, a partire dal ‘famoso’ Piano Mattei.

In tema Africa
In Africa, ad esempio, c’è il rischio di diluire l’impatto degli interventi e la forza dei progetti perché, nonostante la significativa riduzione dei fondi, il Governo ha ampliato l’elenco dei Paesi prioritari della cooperazione da 21 a 38. Senza un adeguato incremento delle risorse, avvertono le ONG, il rischio è quello di compromettere la concentrazione e l’efficacia degli interventi, generando una dispersione dei fondi e indebolendo il ruolo dell’Italia nei contesti più fragili.
Meno cooperazione più armi
Per converso, osservano dalle ONG, nel bilancio 2026 si registra invece un forte incremento delle risorse destinate alla difesa e alle missioni internazionali, con un aumento di 250 milioni di euro nel Fondo Missioni. Una quota rilevante di queste azioni dovrebbe appoggiarsi alla struttura operativa dell’AICS: una dinamica che, senza un adeguato rafforzamento dell’agenzia rischia di generare tensioni operative e incoerenze politiche.

Le reti della società civile hanno indicato come essenziali alcuni interventi per rafforzare la cooperazione italiana. Va in primo luogo ripristinato e stabilizzato il totale risorse previsto nel triennio. I fondi per cooperazione vanno quindi considerati come oneri inderogabili, analogamente a quanto avviene per altre voci vincolate da impegni internazionali. Terzo punto, va definito un meccanismo per rispettare l’obiettivo che lo 0,70% del Reddito Nazionale Lordo sia destinato all’Aiuto Pubblico allo Sviluppo.
Secondo il rapporto di Sbilanciamoci!, la Legge di Bilancio 2025 ha definanziato o azzerato diversi fondi sociali e ambientali. Il fondo per la cooperazione internazionale è stato ridotto, ma non solo esso. Subiscono tagli o stagnazioni il fondo sociale affitti, transizione ecologica, università e sanità.
Una svolta globale
Nel 2025, l’Italia ha aumentato la spesa militare del 38,5% rispetto al 2024, raggiungendo il 2% del PIL, in linea con gli obiettivi NATO. Parte di questo aumento deriva da una riclassificazione di spese già esistenti (es. cybersicurezza, Guardia di Finanza) come “militari”.

Inoltre, il governo ha aderito al programma europeo SAFE, ottenendo 14 miliardi di euro in prestiti da restituire in 45 anni, per finanziare munizioni, difese aeree e mezzi blindati. Secondo il SIPRI Yearbook 2025, la spesa militare globale ha raggiunto 2.718 miliardi di dollari nel 2024, il più alto incremento annuale dalla fine della Guerra Fredda. È il decimo anno consecutivo di crescita.
Questa crescita è trasversale: oltre 100 Paesi hanno aumentato i bilanci per la difesa, spesso a scapito di settori come cooperazione internazionale, sanità e istruzione.