Iperattivo e apprezzato nella region africana in politica internazionale, bocciato in casa propria il presidente del Kenya, William Ruto. Per lo meno da quanto si evince dal racconto dei media kenioti e dalle proteste della società civile, quando Ruto ha appena superato la fase del bilancio di mid-term e si predispone per competere ed essere confermato alla guida del Paese nelle elezioni del 2027. Le cronache del Kenya però parlano di una situazione piena di tensioni e di un grande dissenso montante.
Spesso spento perdendo il senso della misura da chi governa e dalle istituzioni dello stato. I casi ‘gravi’ più recenti? Il mese scorso il deputato Charles Ong’ondo Were, membro dell’ODM, è stato ucciso all’inizio di maggio in un agguato compiuto da un sicario su una moto. Dieci individui sono stati arrestati a Nairobi, sospettati di aver orchestrato l’omicidio di Ong’ondo Were, un membro del parlamento keniano. Pochi giorni fa, poi, il capo della polizia keniota ha sospeso il capo di una stazione di polizia e tutti gli agenti in servizio quando un uomo, arrestato per “falsa pubblicazione”, è morto in custodia.
Ruto e la polizia che uccide Ojwang
Albert Ojwang era stato arrestato per un post su X nella cittadina occidentale di Homa Bay e condotto per 350 km fino alla capitale, Nairobi. Durante la custodia, il sospettato ha riportato ferite alla testa che ne hanno richiesto il trasporto d’urgenza in ospedale ma senza che Ojwang fosse salvato dalla morte.
Il caso di Ong’ondo e la morte di Ojwang sono solo due esempi del clima teso e di crescente preoccupazione per il trattamento riservato ad alcuni oppositori del governo. Recentissimi sono stati i problemi affrontati da Rose Njeri, l’attivista colpevole di avere creato un software per aiutare le persone a opporsi a una proposta di legge finanziaria del governo. Ma ha fatto scalpore anche l’arresto (e poi il rilascio) di Webster Ochora Elijah, il giornalista accusato di avere scritto una biografia non autorizzata della figlia del presidente, Charlene Ruto.
I risultati economici? All’inizio della primavera e poi ora più di recente diversi giornali kenioti hanno analizzato il bilancio di metà mandato della presidenza di William Ruto. Secondo il Kenya Yearbook Editorial Board, il governo ha fatto progressi su temi chiave come la riduzione del costo della vita, la sicurezza alimentare, la creazione di posti di lavoro e il rafforzamento dell’economia. Tuttavia, un’analisi di Africa Check evidenzia che alcune affermazioni economiche dell’amministrazione Ruto sono state esagerate o basate su dati discutibili. Ad esempio, ci sono dubbi sulla crescita delle entrate statali, sulle rimesse e sull’inflazione. Il governo aveva ragione sulla crescita del PIL, sulla riduzione dell’inflazione e del deficit fiscale e sulla stabilità dello scellino. Ma le rimesse della diaspora sono cresciute del 22,8%, non del 60% dichiarato. Contro Ruto paiono schierate due importanti testate quotidiane. Critico con il governo è The Standard. E anche il Daily Nation è tutt’altro che tenero.
Proteste vibrate
Dallo storico gruppo fondato dall’Aga Khan è arrivata anche la notizia della frizione sempre maggiore con la Chiesa Cattolica. Il presidente della Conferenza episcopale cattolica del Kenya (KCCB), l’arcivescovo Maurice Muhatia, ha spinto i vescovi a criticare il regime di Kwanza. L’episcopato keniota hanno denunciato una “cultura della menzogna” e l’uso della macchina statale per silenziare i critici.
I vescovi hanno criticato il governo per non aver mantenuto le promesse elettorali e per aver introdotto nuove tasse che, secondo loro, stanno soffocando l’economia. Inoltre, hanno espresso preoccupazione per le sparizioni forzate di oppositori e attivisti, chiedendo un intervento immediato.