Agosto delicato per il presidente del Kenya, William Ruto. Il suo Paese ha dovuto incassare i dazi al 10% della nuova amministrazione Usa. Lo ha fatto, ancora una volta, mostrando un atteggiamento ambivalente. Da un lato membri del governo hanno lodato Donald Trump per avere implicitamente riconosciuto uno status speciale al Kenya, comminandogli la più bassa percentuale di ‘penalizzazione’ tra gli stati africani.
Dall’altra Ruto ha comunque rilanciato, sostenendo che la sua politica di sempre maggiore apertura alla collaborazione con la Cina possa essere ora ulteriormente implementata. E, a breve, per iniziare potrebbe essere rafforzata da un grande accordo commerciale con Pechino, di una entità strategica senza precedenti. Ruto ha appena raccontato che, ad esempio, tra un paio di mesi le principali colture dell’agricoltura keniota, in primis caffè, tè e avocado, potranno avere un accesso senza precedenti al più grande mercato potenziale del mondo, che è proprio, in attesa dell’India, quello cinese.
L’equilibrismo di Ruto
Una politica dei due forni, con una certa percentuale di equilibrismo, che a quanto pare però rimane sotto un monitoraggio attento degli americani. L’ambasciata Usa a Nairobi, del resto, ha spesso messo nel mirino la gestione ‘poliziesca’ e violenta delle manifestazioni politiche della capitale in era Ruto. Ma ora in ballo ci sarebbe una precisa indagine di Washington sui legami del Kenya con Pechino, ma anche sulle violazioni dei diritti umani ed il fenomeno delle ‘abductions’. Argomento delicato e sensibile per gli Usa, inoltre, il dialogo con alcune delle forze militari irregolari che destabilizzano un’area, quella orientale del continente, rispetto alla quale Ruto ed il Kenya avevano avuto una sorta d’investitura da Joe Biden come potenza regolatrice e mediatrice dei contrasti.
Nairobi ha svolto questo compito chiamando in causa e stimolando l’EAC e L’OUA in tutti i conflitti recenti riguardanti Somalia, Sudan, Repubblica Democratica del Congo. E per tradizione ospitando spesso nel proprio territorio esuli e rifugiati politici. Ma ora molti governi africani rinfacciano a Ruto più o meno ufficialmente di svolgere, più che un ruolo di mediatore, quello di una sorta di incauto doppiogiochista a caccia di visibilità e ruolo.
Interessante e ‘doppia’ anche la situazione che si è creata in patria dal punto di vista politico. L’opposizione al presidente si è fatta negli ultimi mesi sempre più forte ed esacerbata. Specie dopo gli ultimi scontri di piazza con tanti morti sulle strade. Ruto – hanno detto alcuni quotidiani – sta diventando progressivamente il capo di stato più inviso al sua popolo della storia recente, che pure era stata ricca di personaggi odiati e osteggiati dalle masse.
Le aperture sul governo
La scena politica keniota sta vivendo una trasformazione profonda e inaspettata. Il presidente eletto nel 2022 sotto la bandiera della coalizione Kenya Kwanza, ha avviato un processo di inclusione politica che ha portato all’ingresso nel governo di esponenti dell’ex opposizione, in particolare del partito ODM (Orange Democratic Movement) guidato da Raila Odinga, storico avversario politico.
Il punto di svolta è arrivato il 7 marzo 2025, con la firma di un patto politico tra Ruto e Odinga per la formazione di un governo ad ampio spettro, volto a promuovere l’unità nazionale e affrontare le sfide strutturali del Paese. Questo accordo ha ridefinito i confini tra maggioranza e opposizione, generando nuove alleanze e tensioni interne.

Un’intesa che cambia gli equilibri
Il patto ha previsto la creazione di un comitato tecnico congiunto incaricato di monitorare l’attuazione del Memorandum of Understanding (MoU), incluso il rapporto del National Dialogue Committee (NADCO). Il comitato riferirà ogni due mesi ai due leader e presenterà aggiornamenti trimestrali al gruppo parlamentare congiunto Kenya Kwanza–ODM.
La collaborazione tra Ruto e Odinga ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato, ha rafforzato la posizione del governo in regioni tradizionalmente ostili, come il Luo Nyanza, dove Ruto ha lanciato una serie di iniziative di sviluppo. Dall’altro, ha provocato malcontento tra le fila dell’ODM, con figure di spicco come Edwin Sifuna e James Orengo che hanno espresso preoccupazioni per le implicazioni politiche a lungo termine.

Raila Odinga, pur sostenendo pubblicamente il governo e invitando i suoi sostenitori a collaborare per il bene del Paese, si trova ora al centro di una tempesta politica. Molti membri del suo partito lo accusano di aver tradito i principi dell’opposizione e di aver abbandonato la lotta per il cambiamento. Nonostante le pressioni, Odinga ha chiarito che l’accordo con Ruto è valido solo fino al 2027 e non implica automaticamente un sostegno alla sua rielezione. Ha lasciato aperta la possibilità di candidarsi nuovamente, ma ha anche affermato che sarà il partito a decidere.

Riorganizzazione dell’opposizione
Nel frattempo, altri leader dell’ex coalizione Azimio, come Kalonzo Musyoka e Rigathi Gachagua, stanno cercando di capitalizzare il vuoto lasciato dall’ODM, rilanciando le proprie campagne e cercando di ricostruire un fronte alternativo per il 2027. Anche Hassan Joho, ex vice leader ODM e ora ministro, è emerso come figura chiave nella strategia di Ruto per consolidare il consenso sulla costa.