Debutterà entro pochi mesi AEB, acronimo che sta per Africa Energy Bank. Il mantra dei Paesi che sostengono il progetto? Generare più energia per far crescere l’economia del continente, risorse fossili comprese. Sia pure tenendo conto delle problematiche del clima e della sostenibilità.
Un gruppo particolare di Paesi africani – con in prima linea i produttori di petrolio e gas riunti nell’Appo, e quindi Nigeria, Angola, Ghana, Algeria, Sudafrica e Benin (e altri 12 stati) sta per lanciare una banca nata per avviare progetti che hanno come presupposto la valorizzazione delle risorse fossili del grande continente. Il progetto ha il supporto di Afreximbank, acronimo che sta per African Export-Import Bank, una banca multilaterale pan-africana fondata nel 1993, con sede principale al Cairo e con tra i propri membri ha tutti i paesi africani e alcuni paesi caraibici. Avrà come obiettivo una base patrimoniale di 120 miliardi di dollari.
Africa Energy Bank, in realtà, doveva già partire il 25 di gennaio, ma poi il debutto è stato spostato a giugno. Anche perché sugli obiettivi di partenza e la maniera di raggiungerli sono sorti dubbi. Tante le questioni di opportunità sollevate, anche se è indubbia la necessità che è alla base dell’iniziativa.
Energia per la crescita
La banca che dovrebbe debuttare entro la prima metà del 2025 dovrebbe infatti stimolare la crescita dell’economia africana potenziando la produzione di energia del continente. Nonostante sia ricca di risorse naturali, fossili e non, ed abbia anche un potenziale di gigantesco sviluppo anche nelle energie alternative, l’Africa vive ancora una realtà di mancato sviluppo in cui milioni di persone non hanno ancora accesso all’elettricità.
Il lancio di AEB però non trova il plauso degli attivisti del clima e di qualche altro osservatorio tecnico. Che solleva obiezioni di natura finanziaria. Secondo alcuni, infatti, investire adesso in progetti su petrolio e gas potrebbe diventare un autogol; l’impresa di remunerare l’investimento potrebbe essere economicamente incongrua già in tempi medi, visto che progressivamente in tutti i Paesi del mondo nei prossimi anni, in prospettiva impegni presi in chiave di trattati globali, si dovrebbe fare lo switch verso le energie a basso impatto.
Con gli accordi di Parigi – ora bocciati da Trump – centinaia di Paesi si sono impegnati a mantenere le temperature globali al di sotto dei 2 gradi Celsius. In questo contesto e in questa prospettiva la Banca Mondiale ha smesso di finanziare l’estrazione di petrolio e gas nel 2019.
In effetti, il fabbisogno energetico dell’Africa è immenso. Un servizio di Al Jazeera spiega come con la crescita della popolazione che ha superato la fornitura di base di energia distribuita, già nel 2023 ben 600 milioni di persone (il 43 percento del continente) erano rimaste scollegate.
Sebbene le stime varino, la fornitura di elettricità dovrebbe aumentare di cinque volte per sostenere l’attività industriale su larga scala e aiutare a far uscire dalla povertà la maggior parte degli africani. Del resto di parte da fondamentali di un certo tipo.
Energia: i fondamentali dell’Africa
Su base pro capite, l’Africa ha il livello più basso di consumo di energia moderna al mondo.
La sede centrale dell’Africa Energy Bank sarà ad Abuja, la capitale della Nigeria. Si prevede che i progetti pianificati spazieranno dall’esplorazione petrolifera offshore a nuove centrali elettriche a gas. Ogni paese ha promesso un contributo di 83 milioni di dollari e di raccogliere un importo totale di 1,5 miliardi di dollari. A ciò si aggiungeranno 14 miliardi di dollari da parte di Afreximbank.
Molti leader africani – pur consapevoli che gas e petrolio non rappresentano il futuro- riconoscono decisivo rincorrere un rapido sviluppo industriale e si oppongono alle restrizioni imposte dai finanziatori occidentali, le cui regole impediscono loro sempre più di partecipare ai progetti energetici tradizionali.
Per l’Africa – si sostiene- dovrebbero valere regole diverse, visto che ha una fame clamorosa di energia ed è responsabile solo del 4% delle emissioni globali di anidride carbonica. La transizione verde? Viene prima, per molti Paesi, affrancarsi dalla necessità.
Finché i finanziamenti per le energie rinnovabili non saranno più facilmente disponibili, i paesi africani hanno il diritto di espandere le loro capacità di petrolio e gas.
In una posizione mediana, altri osservatori sostengono che l’Africa dovrebbe sfruttare la sua infrastruttura di combustibili fossili rimanente per sviluppare il suo “enorme” potenziale di energia rinnovabile. L’Africa è dotata di risorse solari, eoliche e geotermiche, nonché dei minerali essenziali necessari per le tecnologie verdi.
Secondo l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, il potenziale dell’Africa di generare energia rinnovabile dalle tecnologie esistenti, tenendo conto dei costi attuali, è 1.000 volte maggiore della domanda di elettricità prevista per il 2040.
Un report sul tema considera che l’investimento per la realizzazione di una maggior quota di progetti eolici e solari sia più facilmente gestibile rispetto ad una omologa basata sui combustibili fossili. Il tema sottostante a tutti questi ragionamenti è legato però a singole situazioni finanziarie. Secondo la Banca Mondiale, quasi il 60 percento dei paesi dell’Africa subsahariana è in difficoltà di debito. Per i produttori di petrolio del continente – avviluppati spesso dentro una trappola economica – l’esportazione di combustibili fossili serve a rimanere al passo con i rimborsi del debito.