L’importante è legarsi. Così parlò Godin a Riccione

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Seth Godin, guru del marketing nell’era della società fluida e dei media pervadenti, ma delle connessioni emotive e delle relazioni precarie, ha aperto una edizione ricca e ispirante del recente ‘Festival del Fundraising’, tenutosi a Riccione, tra il 9 e l’11 di giugno.

Quasi 1500 partecipanti hanno ascoltato Godin con curiosità nella prima assemblea plenaria. Il suo intervento, molto atteso, è stato il punto di partenza di un ricco e variegato carnet di eventi, panel, confronti. Una full immersion di tre giorni per tutta la ampia community del terzo settore, pensata per stimolare, e soprattutto fare incontrare e dialogare, tutte le persone che lavorano a vario titolo per creare un impatto reale nell’ambiente, nella cultura, nella società, nella vita di tutti i giorni.

Godin ma anche l’AI

Il focus di questa edizione è stato l’impatto della “Intelligenza Alternativa” sul fundraising: come l’AI può aiutare la raccolta fondi. E sono state tante le case history virtuose, le esperienze e le proposte che si sono messe in luce nel corso della tre giorni. E Godin?

Dopo l’intervento di apertura di Stefano Malfatti, presidente del Festival, ed Elisa Castellucci, responsabile dell’iniziativa, è toccato a Valerio Melandri, fondatore del Festival accogliere ‘virtualmente’ Godin e condurre con lui la chiacchierata a distanza.

Taglia la lista

Il guru ha suggerito agli operatori di non proteggersi sotto ‘l’ombrello’ di strategie preconfezionate anche quando “non piove”. Il lavoro del fundraiser non consiste solo nel raccogliere fondi, ma nel “donare possibilità”. In questa ottica, secondo il teorico del marketing, le organizzazioni non profit dovrebbero preferire logiche qualitative a quelle puramente quantitative. “Taglia la tua lista di donatori a metà. Ascoltali, non infastidirli con lo spam, mostra un interesse deve essere sincero” ha detto provocatoriamente il guru, accendendo le reazioni in platea.

In linea con la sua visione del marketing contemporaneo, anche nel fundraising Godin crede che non bisogna più seguire traiettorie mass market, generiche e con un ingaggio inevitabilmente precario. E’ più saggio e vincente scegliere con cura i propri donatori, costruire una tribù coinvolta nella causa, quella giusta e adatta ad esprimere identità, moralità, reale voglia di cambiare le cose di chi ti segue.

Bisogna andare oltre l’obiettivo della raccolta di denaro, creando comunità convinte e appassionate, continuamente motivate da storie autentiche, valori che creino condivisione e allo stesso tempo identificazione, perfino nel senso di distinzione.

Voglio la community

Le persone donano quando si fidano di un’organizzazione e si sentono parte di una comunità. Per il fundraiser, quindi, non si tratta solo di chiedere soldi, sostegno, supporto per una causa giusta, ma di costruire nel contempo relazioni autentiche. Ha ribadito – Godin – che le storie vere ma anche ben raccontate, in quest’ottica, sono il cuore del marketing e del fundraising. Ha incoraggiato le organizzazioni a non cercare di piacere a tutti, ma a trovare il proprio pubblico ideale e a ispirarlo con una visione chiara.