L’Art Bonus ha funzionato, lo dice un consuntivo decennale. Con erogazioni liberali ricevute da 48481 progetti meritevoli. Ma ci sono ampi margini di miglioramento, la filantropia su questo versante ha un chiaro fronte di sviluppo. Anche geografico.

Lo racconta l’Ales, la società e piattaforma del Ministero della Cultura che monitora l’incentivo fiscale introdotto in Italia nel 2014 per favorire il mecenatismo culturale. Chi è generoso – che sia un ‘azienda o un privato – viene premiato.
Dentro l’Art Bonus
L’art bonus, infatti, consente a cittadini e imprese di ottenere un credito d’imposta pari al 65% delle donazioni effettuate a sostegno del patrimonio culturale pubblico.
Negli ultimi dieci anni, questa misura ha generato oltre un miliardo di euro in donazioni, coinvolgendo circa 46.000 donatori, tra cui 28.000 persone fisiche.
La piattaforma distingue tra interventi di manutenzione, protezione e restauro, sostegno a istituiti e luoghi della cultura e della tradizione e, terza opzione d’intervento, la realizzazione, il restauro, il potenziamento di strutture di enti e istituzioni pubbliche dello spettacolo.

Guardando alle realtà che raccolgono più donazioni prevalgono quelle musicali. In particolare, tra le entità culturali che più hanno beneficiato dell’Art Bonus, c’è quella del Teatro alla Scala di Milano, che, all’ultimo aggiornamento aveva raccolto ben 189,2 milioni di euro con le raccolte chiuse. Gli altri arrivano molto dietro. Per il Regio di Torino 34,8 milioni, per il Maggio Fiorentino 30,6 milioni, per l’Arena di Verona 27,85 milioni, per il Regio di Parma 26,6 milioni. Teatri a parte, per la ex Caserma Manfredini seguita dalla Fondazione Arvedi a Cremona raccolta a 24,2 milioni e, sempre a Cremona, 17,3 milioni raccolti per l’ex Monastero di Santa Monica.

Ma in questo elenco prestigioso si collocano appena sotto anche altre grandi istituzioni nazionali, come il Teatro Carlo Felice di Genova, lo Stabile di Torino, il Complesso Monumentale dell’Isola di San Giorgio a Venezia, il Teatro Donizetti a Bergamo, il Comunale di Modena, quello di Bologna, e quindi il Teatro Carani di Sassuolo, La Fenice di Venezia, il Teatro dell’Opera di Roma, tutti capaci di aggregare oltre 10 milioni di erogazioni liberali.
In generale, il nord Italia beneficia maggiormente delle donazioni rispetto al sud. Ad esempio, nota un servizio di Repubblica, la Lombardia ha raccolto circa 358 milioni di euro, mentre le sovvenzioni ai beni culturali siciliani superano appena i 2 milioni di euro. E la Basilicata ha fatto ancora peggio. Ma nella lista degli enti beneficiari registrati al portale delle 2741 realtà registrate il 53% è al Nord, il 29% al centro ed il 19% al sud.

Una questione meridionale della filantropia?
Il panorama delineato – dopo dieci anni succosi di esperienza – è quello di una cultura che viaggia a due velocità, dove alcuni poli attrattivi si muovono con forza grazie a reputazione e risorse pregresse, mentre altri inseguono, pur con potenzialità. Forse ciò che serve è una maggiore strategia nazionale per colmare almeno in parte questo gap e accompagnare le realtà meno favorite verso un vero empowerment culturale. Il prestigio, la visibilità internazionale e la capacità di comunicazione incidono profondamente nel risultato delle raccolte fondi.
Ovvio che il divario rifletta anche la diversa concentrazione di strutture culturali. Ma il gap è così ampio da rivelare un deficit ‘sudista’ nella capacità di intercettare e fidelizzare i donatori privati.