Africa e Trump. Tra gli effetti collaterali inevitabili per l’Africa – in tema di conseguenze delle azioni della Casa Bianca sugli equilibri geopolitici globali – c’è da registrare come ora i Paesi africani puntino sempre di più all’indipendenza securitaria.
Mentre l’Europa ‘deve’ riarmarsi e mallevare gli Usa, tendendo a spendere il 5% del proprio Pil per irrobustire l’alleanza atlantica (con l’assunzione di ‘responsabilità’ che ora ha portato 26 Paesi ‘volenterosi’ a promettere sostegno all’Ucraina), qualcosa di diverso ma di collegato si muove anche nel grande continente sull’altra sponda del Mediterraneo.
Africa pensa per 37
Alla fine di agosto ad Abuja in Nigeria i capi di Stato Maggiore di 37 Paesi africani (su 54) hanno affrontato in un clima di collaborazione e nell’ottica di una collaborazione panafricana i temi più caldi sul tappeto. Punti critici il terrorismo nel Sahel, la pirateria nel Mar Rosso, le nuove sfide del cyber crime, i tanti territori in conflitto. L’idea è quella di una mobilitazione e di un impegno congiunto per intervenire a garanzia di stabilità del continente, smarcandosi dall’aiuto e dalle influenze delle potenze esterne presenti oggi in Africa.

Autonomia che però oggi non è banale immaginare. Specie considerati gli interventi diretti nel continente di Cina, Turchia, Russia, Emiri, oltre che dei soliti Usa, Francia e quel poco che resta delle vecchie influenze coloniali.
Interventi non disinteressati
Non sono certamente neutri e disinteressati gli interventi cinesi nel continente. Ed è un dato paradigmatico che uno dei dissesti geopolitici più gravi in atto, quello del Sudan, veda in realtà schierati l’uno contro l’altro – oltre che interessi neofeudali differenti – Emirati e Sauditi.
Difficile poi, ad esempio, non pensare ad un interesso geopolitico marcato per quanto sta accadendo in Niger. Dove la Russia programma la costruzione di un reattore nucleare per scopi civili. Il Niger è un grande esportatore di uranio e ora le miniere di uranio gestite dalla transalpina Orano sono state nazionalizzate dal governo di Niamey. Ebbene, le autorità nigeriane stanno discutendo proprio con la compagnia di stato russa Rosatom.

Altra espressione di un tentativo di affermazione di ‘indipendenza’ che può trasformarsi in un sostanziale cambio di sponda internazionale, le iniziative africane per costruirsi in patria le armi. Le ultime notizie raccontano che la Nigeria attraverso la Dicon conta di produrre un fucile d’assalto africano, ma che imita un prodotto russo ed è realizzato attraverso la licenza della Kalašnikov Koncern. Dicon pensa poi anche alla costruzione di droni, razzi e bombe e l’idea è quella di posizionare la Nigeria come produttore di armi per il mercato africano e non solo. Dello stesso segno le iniziative di Egitto e Turchia. L’azienda turca Havelsan e l’egiziana Aoi inizieranno presto la produzione congiunta di droni assemblati su suolo egiziano sotto la supervisione dei tecnici turchi.