L’Africa cerca alternative a Dollaro e Yuan e pensa ai Bitcoin

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Meglio i Bitcoin. I debiti in Africa si pagano in dollari, ma domani potrebbe diventare moneta di scambio anche lo Yuan. Ma senza che questo avvantaggi i Paesi del continente. Che certamente potrebbero usare con più ‘comodità’, in prospettiva, i bitcoin.

Potrebbero farlo, domani, per rendersi ancora più autonomi dalle istituzioni e i regolatori internazionali, Fondo Monetario Internazionale in primo luogo, e far valere magari l’ancoraggio ad un sistema di criptovalute genuinamente africano.

Stablecoin in studio, quindi. Per avere ancora più risorse finanziarie da investire in infrastrutture e crescita. Per farlo senza essere strozzati dai meccanismi fisiologici che, al rialzo del debito interno, moltiplicano la debolezza della moneta locale nei confronti di quella più usata nel commercio e negli scambi.

Salvo l’Africa con i Bitcoin

In questa ottica sta pensando ai bitcoin come strumento per ‘salvare’ il continente il nuovo Africa Bitcoin Institute, entità non proprio outsider visto che è sostenuta da organizzazioni tra cui la Human Rights Foundation e il Massachusetts Institute of Technology. Ma esistono anche altre iniziative dello stesso segno. L’uso di Bitcoin è cresciuto nel continente in risposta all’instabilità delle valute locali, alle transazioni transfrontaliere difficili e costose e come riserva di valore a fronte dell’aumento dell’inflazione.

Il riferimento obbligato però per adesso è a criptovalute estere. L’idea di creare un sistema africano di criptovalute è reale e si sta sviluppando su più fronti, con iniziative sia pubbliche che private.

Gli attivisti per i diritti umani e i leader tecnologici in Africa stanno lavorando allo sviluppo di una ricerca originale sul crescente utilizzo di bitcoin nel continente, cercando modi per promuovere l’inclusione finanziaria e contrastare le restrizioni digitali imposte dai leader autoritari. L’Unione Africana (AU) sta esplorando la creazione di un framework per una valuta digitale pan-africana.

L’obiettivo è promuovere inclusione finanziaria per le popolazioni non bancarizzate, riduzione dei costi di transazione nei pagamenti transfrontalieri, maggiore autonomia monetaria, riducendo la dipendenza da valute estere come dollaro ed euro, integrazione economica tra i 54 paesi membri.

Tuttavia, ci sono sfide significative da superare. Armonizzare le normative tra paesi, temi di interoperabilità tecnica tra sistemi finanziari nazionali, ma anche di costruzione di fiducia tra gli utenti e le istituzioni.

L’esempio del PAPSS

Il Pan-African Payment and Settlement System (PAPSS) è già operativo e rappresenta un passo concreto verso un’infrastruttura finanziaria unificata. Questo perché permette pagamenti in valuta locale tra paesi africani, riduce la dipendenza da valute estere e i costi di conversione.

È stato lanciato nel 2022 e ora coinvolge diverse banche centrali, tra cui quelle di Kenya, Egitto, Nigeria, Ghana, Liberia e altri. Supporta anche l’integrazione con piattaforme di mobile money, favorendo l’accesso per PMI e settori informali. PAPSS è considerato una pietra miliare per la sovranità.

L’Africa è uno dei mercati più dinamici per le criptovalute, grazie a una popolazione giovane e tecnologicamente attiva e problemi finanziari strutturali di inflazione e svalutazione, e con un utilizzo sempre maggiore di stablecoin per commercio e risparmio. La creazione di un sistema africano di criptovalute, così, non è solo un’idea, ma una strategia in evoluzione, con potenziale per trasformare radicalmente il panorama economico del continente.