Kenya regola le criptovalute. Gli effetti sull’economia

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Regole ma anche più spazio alle criptovalute in Kenya. Il parlamento di Nairobi ha approvato un disegno di legge per normare ma anche fluidificare il traffico di bitcoin nel Paese. Ora tocca al presidente, William Ruto, la firma finale sul provvedimento per farlo diventare legge.

L’iniziativa legislativa è correlata alla finanziaria, che ha abrogato l’imposta del 3% sulle attività digitali e ha introdotto un’accisa del 10% sulle commissioni addebitate dalle piattaforme di attività virtuali, spostando la tassazione dal valore delle attività ai costi dei servizi.

Il Vasp Bill sulle criptovalute

Il provvedimento è stato battezzato come Virtual Asset Service Providers (VASP) Bill, segnando un’importante svolta nella regolamentazione del settore digitale.

Nel disegno di legge si indicano come regolatori due entità. La Banca Centrale del Kenya (CBK) è responsabile per wallet provider, emittenti di stablecoin e processori di pagamenti in criptovalute. Mentre la Capital Markets Authority (CMA) supervisiona gli exchange, le piattaforme di tokenizzazione, gli advisor finanziari e gli emittenti di ICO.

Le licenze – obbligatorie sia per operatori nazionali che internazionali – sono rilasciate solo a chi rispetta precisi requisiti. Bisogna dare garanzie di solvibilità, ottemperare ad audit obbligatori e misure di governance per ridurre i rischi sistemici. Sono inoltre penalità severe per chi opera senza licenza: multe fino a 20 milioni di KES (circa 155.000 USD), carcere e divieti permanenti.

Tra gli obiettivi quello di promuovere l’innovazione, proteggere i consumatori da frodi digitali, attirare investimenti nel settore fintech, allinearsi agli standard internazionali contro il riciclaggio di denaro.

Questa legge potrebbe trasformare il Kenya in un hub regionale per la finanza digitale e la blockchain, seguendo l’esempio di Paesi come Nigeria e Sudafrica.

Gli effetti delle cripto sull’economia

Le criptovalute possono avere effetti economici complessi, ma non causano direttamente inflazione nel senso tradizionale. La premessa è però una distinzione tra inflazione monetaria (aumento dell’offerta di moneta) e inflazione dei prezzi (aumento generalizzato dei prezzi dei beni e servizi).

Di base le criptovalute hanno un’offerta limitata e predeterminata, e quindi non sono inflazionistiche dal punto di vista monetario. Al contrario, sono spesso considerate deflazionistiche.

Possono influenzare l’economia in vari modi. Consentendo accesso ai servizi finanziari in aree non bancarizzate e facendo sviluppare nuovi modelli di business, attraendo capitali e talenti nel settore fintech.

Tra gli effetti effetti negativi, le cripto possono destabilizzare i mercati se usate come mezzo di pagamenti, favorire l’evasione fiscale e riciclaggio se non regolamentate, in economie fragili può indebolire la politica monetaria. In Paesi come Venezuela o Zimbabwe, Bitcoin è stato usato come rifugio contro l’inflazione, non come causa. Questo rafforza l’idea che le cripto non generano inflazione, ma possono proteggere da essa.