Il Climate Change, la lezione del buco nell’ozono e il Kenya

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Giornata dalla doppia valenza simbolica quella del 16 settembre, in cui si celebra la Giornata Internazionale per la Protezione dello Strato di Ozono.

Questa celebrazione è stata istituita dalle Nazioni Unite per ricordare la data della firma del Protocollo di Montréal del 1987, con una svolta positiva che racconta di un successo clamoroso della cooperazione internazionale in tema di ecologia.

Con quell’accordo, infatti, iniziò la progressiva eliminazione a livello globale delle sostanze responsabili della riduzione dell’ozono stratosferico. Il monitoring dell’ONU su questo fenomeno dice che grazie ai progressi avviati da questa scelta attuata quasi universalmente, già entrò il 2040 il buco nello strato protettivo della nostra atmosfera terrestre sarà quasi colmato, e che entro il 2066 ai Poli la ‘ferita’ verrà richiusa.

L’Africa ed il Kenya? I Paesi del continente africano sono tra i meno responsabili del degrado ecologico del globo terrestre e dell’inquinamento. Per quello che riguarda il buco nell’0zono, il Kenya, come molti paesi dell’Africa orientale, è coinvolto sia direttamente che indirettamente nelle dinamiche globali.

Cosa è il buco

Lo strato di ozono (O₃) si trova nella stratosfera, che si estende da circa 7 km di altitudine ai poli e fino a 20 km all’equatore, arrivando a circa 50 km sopra la superficie terrestre. Questo strato agisce come uno scudo cruciale contro le radiazioni ultraviolette (UV) dannose.

Negli anni Settanta e Ottanta gli scienziati scoprirono che sostanze chimiche di origine antropica contenenti alogeni (cloro, bromo e fluoro) stavano erodendo gravemente questo strato protettivo. Il danno più evidente si verificava sopra l’Antartide, dove la forte riduzione dell’ozono portò a un’azione internazionale urgente.

Il Protocollo di Montréal, e i successivi emendamenti, hanno imposto l’eliminazione graduale di quasi 100 sostanze ozono-lesive, in particolare i clorofluorocarburi (CFC), largamente usati nella refrigerazione, nel condizionamento dell’aria, negli isolanti in schiuma e negli aerosol, e gli halon, usati nei sistemi antincendio e nella fumigazione agricola.

Un buon esempio

Il buco dell’ozono terrestre, il pericolo ambientale più temuto dall’umanità negli ultimi decenni, è quindi destinato a scomparire in seguito ad un’azione decisa da parte dei governi per eliminare gradualmente le sostanze che riducono lo strato protettivo. Come è noto, l’aumento delle radiazioni UV anche se meno intenso rispetto alle regioni polari, può influenzare la salute umana (tumori della pelle, cataratta) e danneggiare la vegetazione.

Produce inoltre alterazioni climatiche ‘ambigue’: la ricostituzione dello strato di ozono modifica la circolazione atmosferica e i venti, contribuendo a ondate di calore e siccità in alcune zone dell’Africa australe. Gli effetti sui cambiamenti nei venti e nelle correnti oceaniche possono influenzare la distribuzione di nutrienti e la biodiversità marina.

Le virtù eco del Kenya

Il Kenya si sta affermando come leader regionale nella sostenibilità ambientale, promuovendosi come attore chiave del continente nelle energie rinnovabili (geotermica, solare, eolica), nella protezione delle foreste e biodiversità.

Il Paese inoltre si è fin qui distinto per la partecipazione attiva agli accordi internazionali sul clima e sull’ozono.

Questi sforzi lo rendono un attore importante nella lotta contro il cambiamento climatico e nella protezione dell’ambiente a livello continentale.

Il caso del buco dell’ozono è un esempio positivo di come l’unità d’intenti globale possa invertire danni ambientali gravi. Tuttavia, il Kenya e l’Africa orientale devono affrontare nuove sfide climatiche, come il riscaldamento globale e la variabilità meteorologica, che richiedono politiche integrate e adattive.