Le economie di Etiopia e Kenya in primo piano. Quelle cioè dei due capi di stato fraternamente amici, Abiy Ahmed e William Ruto. Le loro politiche erano indirettamente a confronto nell’ultimo report di ottobre del Fondo Monetario Internazionale.
Etiopia, Kenya e gli altri
Tra i Paesi dell’Africa Subasahariana in generale e di quella Orientale in particolare, l’Etiopia si conferma dotata di una tra le economie più dinamiche. Secondo le nuove stime FMI, il prodotto interno lordo reale del Paese crescerà del 7,2% nel 2025 e del 7,1% nel 2026, ben al di sopra della media regionale del 4,1% e di quella globale del 3,2%. Tuttavia, queste proiezioni restano inferiori all’ambizioso obiettivo del governo di Abiy, che punta a un’espansione del 9% per l’anno fiscale 2025/2026.
Nel suo World Economic Outlook, il FMI osserva che l’economia globale sta attraversando una fase di riassestamento, segnata dai dazi americani e da altri elementi destabilizzanti. La crescita mondiale rallenterà al 3,2% nel 2025 e al 3,1% nel 2026, con un calo variegato dei tassi d’inflazione tra le diverse regioni.
L’Africa subsahariana: tra slancio e fragilità
Per l’Africa subsahariana, la stima FMI – come detto – prevede un miglioramento dal 4,1% nel 2024 al 4,4% nel 2026, trainato dalle economie di Etiopia, Tanzania e Uganda. Al contrario, le economie più ‘grandi’ del continente mostrano segnali di debolezza: il Sudafrica dovrebbe crescere solo dell’1,1% nel 2025, mentre la Nigeria del 3,9%.
Il FMI invita i governi a ricostituire margini di bilancio, mantenere l’indipendenza delle banche centrali e proseguire le riforme strutturali.
Addis Abeba: crescita forte ma vulnerabile
L’Etiopia continua a registrare tassi di crescita elevati, ma il mantenimento di questa traiettoria dipenderà dalla continuità delle riforme, da una gestione prudente delle finanze pubbliche e da un miglior accesso ai finanziamenti esterni. L’inflazione è scesa al 13,9% nel 2024/2025 dal 19,9% dell’anno precedente, ma il raggiungimento dell’obiettivo a una sola cifra resta essenziale per preservare i redditi reali e la fiducia degli investitori.

Nairobi: stabilità e accesso ai mercati
Abebe Aemro Selassie (nella foto in alto), direttore del Dipartimento Africa del FMI, ha evidenziato come il Kenya sia uno dei pochi Paesi africani ad aver riacquisito accesso ai mercati internazionali, insieme all’Angola. Questo è interpretato come un segno di fiducia nella solidità macroeconomica del Paese.

Pur non figurando tra le economie a più rapida crescita, il Kenya mostra una resilienza finanziaria e una capacità di attrarre capitali esterni che lo rendono ben posizionato per una crescita sostenibile. Le stime del FMI indicano una crescita del PIL reale tra il 5,4% e il 5,6% nel 2025, con un PIL nominale previsto di 132 miliardi di dollari, superiore ai 117 miliardi dell’Etiopia.

Due modelli di sviluppo
L’Etiopia rappresenta il modello di crescita accelerata, ma con vulnerabilità strutturali e pressioni inflazionistiche. Il Kenya, invece, incarna una crescita più moderata ma sostenibile, fondata su stabilità macroeconomica, accesso ai capitali e fiducia degli investitori. Nel contesto africano attuale, entrambi i Paesi offrono lezioni importanti su come bilanciare slancio economico e resilienza istituzionale.