Donare 3.0, per il crowdfounding si usa lo smartphone

SOMMARIO

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Il donare e la generosità in era tech, in primo piano. Promossa da Rete del Dono e PayPal, edita da BVA Doxa, la ricerca Donare 3.0 aggiorna annualmente su chi dona (e a chi, come e perché), indagando nel dettaglio da oramai undici anni proprio il cambiamento attivato dal digitale.

Le spinte prodotte dal cambiamento tecnologico stanno profondamente sia sull’ sui modelli organizzativi del Terzo Settore. Con fenomeni montanti come il crowdfounding e la consacrazione dello smartphone (che sostituisce il computer) come device per agire come focus importanti.

Tra i trend di questa ultima tornata della ricerca, anche la conferma che le donazioni dirette alle associazioni sono in calo. Nel nuovo contesto, la valorizzazione dei dati diventa un tema cruciale per guidare le decisioni. E l’AI è un tool che diventerà sempre più utilizzato, ma che non deve spersonalizzare le interazioni di relazioni fortemente basate su empatia e fiducia.

La donazione stessa evolve nella sua essenza, e tra le istanze di chi dona – ma anche di chi si offre come volontario (torna a crescere l’impegno dei più giovani) – diventa sempre più essenziale l’impatto ‘visibile’, accertato dei progetti.

Donare, il termometro sulla generosità

Donare 3.0 è il termometro di questo costante avanzare del digitale come principale driver della donazione. Strumento, ma anche touch point per mantenere attiva la relazione con la comunità di sostenitori e donatori.

Nell’edizione appena presentata dello studio, gli utenti online italiani si confermano ‘convinti’ donatori: ben l’81% ha dichiarato di aver fatto almeno una donazione nel 2024, ma arrivava già ad un altissimo 80% la percentuale del 2023.

In particolare, in tema generazioni, per la GenZ il dato 2024 è del 79%, con i Millennials all’81%, la Generazione X all’82%, i Boomers in calo al 74%.

A presentare questi e altri dati, nel primo panel di un articolato evento, Fabrizio Farinelli ha fatto da moderatore, e poi Antonio Filoni, Head of Digital e Social Media di Doxa, Maria Teresa Minotti (country director di PayPal Italia) e Valeria Vitali, presidente di Rete del Dono hanno commentato cosa emerge dallo studio.

Il cuore della ricerca

Clou dell’incontro, il racconto della ricerca, a cura di Filoni. Ebbene, il digitale è al centro delle relazioni e non poteva anche non esserlo nelle donazioni. “In tutte le generazioni c’è una propensione al dono, la novità è che le attuali sono meglio disposte dei Boomer” ha osservato Filoni (nella foto sotto) nell’overview sui dati generali. L’atteggiamento più aperto e generoso riguarda anche le intenzioni per il 2025.

Sul versante delle tipologie di dono, il regalo solidale si conferma un entry point essenziale (trend al 72%), ma con un leggero calo per le donazioni alle associazioni (al 58%). Una flessione che però, secondo l’esperto, sollecita per questi attori la necessità di ripensare la propria maniera di agire, visto che si sono persi dieci punti percentuali in dieci anni.

Interessante – tra i dati focus di questa tornata – la crescita al 23% del crowd founding, in salita di ben 4 punti. Tra le modalità di pagamento, il digitale (con lo smartphone che ha superato il PC come device utilizzato) ha ampiamente sorpassato il denaro contante, come registrato anche da PayPal (nella foto sotto Maria Teresa Minotti).

Le tipologie di dono non vedono clamorose rivoluzioni, calano un po’ (meno sollecitate per fortuna dall’attualità più recente) Emergenze e Protezione Civile, e rimane una predilezione nazionale per Medicina, Ambiente e Animali. Gli italiani scelgono in base all’oggetto della causa (80%), prossimità (72%), fiducia nell’organizzazione (78%).

L’impatto sociale è un aspetto fondamentale per chi dona

Cosa influenza le donazioni? Ovviamente le condizioni e le disponibilità economiche, le emergenze (quando ci sono, gli italiani sono molto reattivi) e quindi, molto classicamente, le feste e le ricorrenze, con Natale che rimane il periodo core.

Il driver della donazione non è un voler ‘far del bene’ generico, ma si punta ad ottenere un risultato, ad abbracciare una causa giusta e ad avvicinarsi molto a chi fa da tramite nella soluzione del problema.

Le associazioni italiane sono preferite, ma senza grosse barriere allo ‘straniero’. In tema Cultura, quasi il 44% è stato motivato a donare su questo fronte, con un ancoraggio territoriale chiaro come aspetto collaterale chiave della scelta orientata su questo filone.

Come anticipato, la ricerca dice che il Volontariato è in ripresa, con una quasi inedita disponibilità a diventare ‘testimonial’ dei progetti anche se la donazione rimane una attività considerata molto personale e privata, di regola da non sbandierare ai quattro venti. L’importo delle donazioni è stabile, con il 57% delle persone che dona sotto i 50 euro il 31,5 tra i 50 ed i 200 euro.

Il ruolo delle aziende

Le aziende? Fa donazioni il 31,6%, il 33,8% non le fa. Il 34,6% dei dipendenti – segno di una disattenzione comunicativa – non sanno in realtà dire se la propria azienda è attiva.

L’intelligenza artificiale è ritenuta fondamentale per migliorare la raccolta fondi, ma anche per relazionarsi meglio con i donatori, per informare meglio. Ma senza fare l’errore di affidare ad un chatbot il dialogo.

Dopo Filoni, Valeria Vitali (nella foto in alto) ha parlato ancora del dato crescente del crowd founding. “Sta diventando un attivatore di comunità. Chi dona – ha ribadito Vitali – vuole contribuire al cambiamento, diventare un attore importante a sostengo della causa, non fa un gesto passivo. Si deve raccontare bene in cosa consiste il progetto e cosa cambierà nella comunità, l’impatto qualitativo fa la differenza nel coinvolgimento”.

Vitali ha raccontato cosa emerge anche dalla grande quantità di informazione prodotte dalla piattaforma di Rete del Dono. Emerge, ad esempio, che l’evento sportivo “è il luogo ed il momento in cui le persone si sentono certamente parte di una comunità”. Le aziende stanno entrando in gioco sempre più pragmaticamente e attivamente su questo tipo di attività. Lo fa bene chi coinvolge i propri dipendenti in questo percorso e non si limita a discutere i progetti all’interno degli uffici di CSR dell’azienda. Anche Rete del Dono conferma le scelte preferenziali su progetti locali o regionali.