Dazi Usa for Africa: lo strano caso del Lesotho e del Kenya

SOMMARIO

Nessun contenuto disponibile.

In extremis, pochi giorni prima dell’avvio delle nuove tariffe, il povero Lesotho si è visto comminare uno sconto. Produttore di jeans per l’industria e i grandi marchi americani, il piccolo stato africano si è visto appioppato un benevolo 15%. All’inizio, infatti, la tariffa stabilità era del 50%.

Il Lesotho, il Kenya e i jeans Levi’s: un diverso trattamento

Secondo il ministro del commercio del Paese, però, per il settore tessile del Lesotho i tempi rimangono bui. All’ardine del giorno, infatti, permangono ancora tanti stop alla produzione nelle fabbriche e licenziamenti. Il tutto in un comparto essenziale per il Paese e ora totalmente destabilizzato dalle politiche di Donald Trump.

Secondo il capo del dicastero del Lesotho per evitare il crollo la riduzione dovrebbe arrivare almeno fino al 10%. Trattamento del resto che è toccato al governo di Nairobi.

Come il Lesotho molta della produzione del tessile keniota avviene nell’alveo del Growth and Opportunities Act (Agoa), l’iniziativa americana che da alcuni anni garantisce accesso preferenziale al mercato Usa ad alcuni Paesi africani.

“Il 15% per il nostro tessile è esiziale – ha detto il ministro del Lesotho – perché non possiamo comunque competere con Kenya o Eswatini, a cui viene applicato un dazio del 10% e che sono i nostri più diretti concorrenti”.

Kenya ‘salvato’

Il Kenya fa parte ancora del novero di pochi stati – tra cui UK –  cui l’amministrazione Usa ha comminato il livello più basso di aumento delle tariffe. Se pure danneggiato, il paese alla fine può fare valere in termini di esportazione questo suo vantaggio relativo.

Niente di strano così che il ministro del commercio keniota si sia affrettato a ringraziare gli Usa. “Un partner strategico fondamentale per il Kenya in vari settori, tra cui l’esportazione di materie prime, il commercio digitale, il turismo e la cooperazione regionale in materia di sicurezza” ha detto il ministro di William Ruto.

Il Kenya, oltre a tè, caffè, avocado ed altra frutta, che rappresentano le esportazioni base del Paese, produce anche i jeans, per le aziende statunitensi e semilavora altri materiali.

Gli altri africani

Trump ha risparmiato il Kenya nonostante tra i Paesi africani sia uno tra quelli che ha di recente riallacciato stretti rapporti commerciali, industriali e finanziari con il ‘nemico’ Cina.

Tra i paesi africani più colpiti dai dazi Usa figurano il Sudafrica e l’Algeria, che hanno subito una tariffa del 30% sulle loro esportazioni verso gli Stati Uniti.
Altri paesi del continente feriti dall’aumento dei dazi sono il Ghana, la Costa d’Avorio, la Guinea Equatoriale, il Ciad, il Camerun, il Botswana e l’Angola, che hanno subito un dazio del 15% sulle esportazioni. Anche Madagascar, Malawi, Mozambico, Namibia, Nigeria, Uganda, Zambia e Zimbabwe hanno subito un aumento del 15% delle tariffe.

Troppi confronti aperti

Intanto, in tema Africa e non solo, il presidente Usa si sta rendendo conto di avere aperto troppi fronti di scontro e confronto in una volta sola. Il primo vertice dei leader USA-Africa, inizialmente proposto per il mese prossimo durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a quanto pare di capire dalle ultime da Washington non coinciderà più con l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York.