Climate justice in primo piano. La giustizia legale e ambientale in Africa è un tema cruciale, soprattutto considerando le sfide legate ai cambiamenti climatici e alla demografia che appaiono all’orizzonte nella vita del continente. Diverse organizzazioni e istituzioni sovranazionali stanno lavorando per promuovere la giustizia climatica e la protezione della biodiversità.
Inoltre, cittadini e organizzazioni sono sempre più attivi ed efficaci. Dalla società civile africana è nata proprio di recente la petizione alla Corte africana dei diritti dell’uomo e dei popoli per ottenere un parere consultivo sugli obblighi degli Stati africani in materia di diritti umani nel contesto della crisi climatica. Questa iniziativa mira a chiarire le responsabilità degli Stati nella tutela di diritti fondamentali come l’accesso all’acqua, alla salute e a un ambiente sano. La risposta dovrebbe arrivare entro la fine dell’anno e, per quanto questi pareri non dettino comportamenti vincolanti, contribuiscono certamente un riferimento utile e significativo per chi è impegnato in queste cause.
Climate justice ed equilibrio sociale
L’interconnessione tra giustizia sociale e degrado ambientale è evidente in tutto il continente. L’Africa contribuisce in minima parte alle emissioni globali di gas serra, ma subisce alcune delle conseguenze più gravi dei cambiamenti climatici, come siccità prolungate, inondazioni devastanti e desertificazione. Questi fenomeni colpiscono in modo sproporzionato le popolazioni più vulnerabili, aggravando le forti disuguaglianze già esistenti.
In Kenya, la giustizia legale e ambientale sta facendo progressi. La magistratura ha lanciato un quadro guida strategico per la giustizia verde, volto a integrare la sostenibilità ambientale nel sistema giudiziario. Questo quadro prevede riforme per migliorare l’accesso alla giustizia per le persone vulnerabili e per rafforzare le azioni legali contro i crimini ambientali.
Inoltre, il sistema giudiziario sta adottando iniziative ecologiche, come l’installazione di pannelli solari nei tribunali e la digitalizzazione dei processi giudiziari per ridurre l’impatto ambientale. Questi sforzi sono parte di un impegno più ampio del governo per una transizione completa verso l’energia pulita entro il 2030. In Kenya, inoltre, la corte di giustizia ha sancito che il diritto a un ambiente sano è strettamente legato al diritto alla vita, sottolineando l’importanza della sostenibilità nello sviluppo del paese.
Legalità e lotta per sostenibilità ed ecologia
In tema climate justice, un servizio del quotidiano keniota The Nation racconta come i paesi africani abbiano ancora sfruttato poco questa possibilità di percorrere la via legale in certe battaglie di principio e nella difesa di diritti violati. Lo fa citando, per converso, le sentenze dei tribunali di Paesi Bassi e Germania, dove, in particolare la corte di Berlino ha stabilito che il governo aveva violato la legge non avendo predisposto un piano per ridurre le emissioni di gas serra dopo il 2030.
La leva legale
Il motivo per cui in Africa si usa poco la leva ‘legale’? La prima causa è la scarsità di risorse e l’idea, debole e monoritaria, di investirle in azioni legali. Strettamente correlato, il fatto che i destinatari più probabili di queste attività di difesa sarebbero in molti casi le industrie estrattive, potenti e difficili da sfidare in giudizio, e a cui si deve in molti casi il ‘merito’ di muovere i PIL locali.
Tra le cause in corso The Nation cita quella che EarthLife Africa Johanesburg ha intentato al governo sudafricano per fermare la nascita di tre nuove centrali di carbone. Attivisti di Uganda e Tanzania, invece, hanno portato in Trubunale la East African Crude Oil Pipeline per danni all’ambiente e mancato rispetto dei diritti umani e dei lavoratori. Secondo l’estensore del pezzo di The Nation, Oluwabusayo Wuraola (docente di diritto presso l’Anglia Ruskin University), l’Africa dovrebbe avvalersi di tre importanti vie legali internazionali per amplificare la propria voce nelle cause legali contro i cambiamenti climatici. La prima direzione e interlocuzione è quella della Corte internazionale di giustizia, che – come detto in apertura – si pronuncerà con un parere consultivo alla fine del 2025 sulle colpe giuridiche dei Paesi che non rispettano gli obblighi in tema di salvaguardia dell’ambiente.
Seconda interlocuzione consigliata quella con il Tribunale internazionale per il diritto del mare. I pareri consultivi del tribunale anche in questo caso non sono giuridicamente vincolanti, ma contribuiscono anch’essi allo sviluppo del diritto internazionale e, ancora una volta, potrebbero essere utili all’Africa per affermare una voce giuridica forte e unitaria nella lotta globale per la giustizia climatica. Terza direzione da seguire, il riferimento alla Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 1992. Secondo Wuraola “adottando meccanismi regionali come la corte africana, utilizzando strumenti giuridici internazionali e sviluppando leggi nazionali sul clima, l’Africa può affermare una voce giuridica forte e unita nella lotta globale per la giustizia climatica”.