Il 17º vertice dei BRICS si è tenuto a Rio de Janeiro il 6 e 7 luglio 2025, ospitato dal presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva (nella foto in basso). È stato un incontro importante: i BRICS ora rappresentano circa il 41% della popolazione mondiale e il 37% del PIL globale, ma segnato da assenze di peso e divisioni interne.
Erano presenti all’incontro i rappresentanti di tutti gli 11 Paesi membri, ma no tutti ai massimi livelli. Per il Brasile c’era ovviamente Lula che era il patron dell’evento e faceva gli onori di casa, c’era l’ndiano Modi, ma ad esempio la Russia era rappresentata dal ministro degli Esteri Sergei Lavrov e la Cina dal premier Li Qiang, non da Xi Jinping. C’erano poi Sudafrica, Arabia Saudita, Egitto (assente il presidente Al Sisi), Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Iran e Indonesia. Erano inoltre invitati ‘partner’ chiave come Turchia, Algeria, Bielorussia, Cuba, Malesia, Bolivia, Uzbekistan, Kazakistan, Thailandia, Nigeria, Uganda e Vietnam.
BRICS e Africa
Il ruolo dell’Africa? Non è più da tempo solo un ospite ‘esotico’ nei vertici BRICS: è diventata protagonista. Egitto e Sudafrica sono presenti come membri effettivi e Nigeria, Algeria, Uganda hanno ottenuto lo status di membri partner nel 2024. Salute globale, intelligenza artificiale, transizione climatica, riforma del Consiglio di Sicurezza ONU e riduzione della dipendenza dal dollaro sono temi caldi anche per gli Stati africani, ma non c’è stato un vero e proprio focus sulle prospettive del continente, che viene in realtà vissuto come terreno di conquista da molti paesi BRICS.
I risultati del vertice
L’assenza dei massimi rappresentanti di alcuni Paesi chiave, ha reso improbabile il conseguimento di risultati eclatanti sui tanti temi all’ordine del giorno: commercio e investimenti per rafforzare la cooperazione economica tra i membri e contrastare i dazi e le politiche protezionistiche; sanità globale nell’era in cui gli Usa sono usciti dall’OMS; e poi cambiamento climatico, intelligenza artificiale, riforma di ONU e FMI. Forti e inevitabili le divergenze su Ucraina, Medio Oriente e Iran. La proposta di una moneta comune BRICS è stata accantonata, soprattutto per le resistenze di India ed Egitto, preoccupati da una possibile egemonia cinese.
Il presidente del Kenya, William Ruto, che non ha partecipato fisicamente al vertice BRICS, ha espresso da tempo forte interesse per l’adesione del Kenya al gruppo. Ruto – che si sente uno dei vedovi dell’era Biden – ha dichiarato che il Kenya è pronto a unirsi al meccanismo BRICS e a rafforzare la cooperazione con la Cina, in particolare nei settori dell’energia verde e dello sviluppo industriale. Secondo Ruto la cooperazione multilaterale con i BRICS potrebbe aprire nuovi mercati per le esportazioni keniote. La sua posizione è simile a quella di tanti altri Paesi africani destabilizzati dalla nuova filosofia dell’amministrazione Usa.
Cosa sono i Brics?
Dal 2009, il gruppo informale dei Brics, acronimo di Brasile, Russia, India e Cina – al quale si è aggiunto l’anno successivo il Sud Africa – ha iniziato a riunirsi a livello di leader sulla falsa riga dei formati G8 e G20 già esistenti. Il primo vero allargamento si è concretizzato nel gennaio 2024 con l’adesione di Egitto, Etiopia, Iran, Indonesia ed Emirati Arabi Uniti. Dall’inizio di quest’anno poi altri 10 Paesi hanno ottenuto lo status di Stati “partner”: Bielorussia, Bolivia, Cuba, Kazakistan, Malesia, Nigeria, Thailandia, Uganda, Uzbekistan e Vietnam.
I Brics si pongono come un riferimento per le economie emergenti, e sono appealing per i Paesi africani sconcertati dalle strategie dell’amministrazione Trump.
Tra i possibili nuovi membri, lo scorso settembre, la Turchia ha presentato formalmente domanda di adesione: se fosse accettata sarebbe il primo Paese Nato a prendere parte al gruppo. Doveva essere inclusa nel progetto di espansione anche l’Argentina, ma il presidente Javier Milei ha ritirato il suo Paese dal previsto ingresso nel gruppo, frutto di un progressivo riavvicinamento con gli Stati Uniti.
Resta in stand by la posizione dell’Arabia Saudita che sta valutando l’invito a partecipare ma non ha ancora formalizzato la domanda di adesione. Nel frattempo, altri 36 Paesi hanno chiesto di entrare a far parte dell’organizzazione, la maggioranza dei quali da Africa e Asia.
Le riforme
Tra i principali nodi critici sul tavolo c’è la riforma del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, su cui manca un consenso di fondo. Lula sostiene l’ampliamento a favore del Sud globale, ma Cina e Russia mostrano resistenze. A dominare è anche il dibattito sulla riduzione della dipendenza dal dollaro negli scambi commerciali interni al gruppo, sulla quale pesano divergenze politiche ed economiche.
L’idea centrale e fondativa dei Brics ruota intorno alla disillusione nei confronti delle istituzioni di governance globale guidate dall’Occidente, soprattutto quando si tratta di economia. Per questo vogliono ridurre la loro dipendenza dal dollaro Usa e dal sistema Swift, una rete messaggistica internazionale per le transazioni finanziarie da cui le banche russe sono escluse nel 2022. Nel 2023, Lula ha proposto una moneta commerciale per i membri Brics, suscitando tuttavia scetticismo anche all’interno dell’organizzazione stessa.
Trump: vi aumentero i dazi
Durante il vertice BRICS del luglio 2025 a Rio de Janeiro, Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, ha rilasciato dichiarazioni molto dure sia contro il blocco BRICS sia contro alcuni Paesi europei, tra cui a sorpresa la Spagna. Trump ha definito i BRICS un gruppo che promuove “politiche anti-americane” e ha minacciato dazi aggiuntivi del 10% su qualsiasi Paese che si allinei con i BRICS, senza eccezioni e ha ribadito la sua opposizione a una moneta alternativa al dollaro. La Spagna, che non vuole portare al 5% del PIL le spese militari? Trump l’ha inserita forzosamente tra i Paesi dei Brics, con palese intento provocatorio.