AI e sostenibilità, datacenter energivori ma il gioco vale la candela

AI e sostenibilità, un rapporto solo apparentemente contradditorio. Uno studio molto approfondito di ICOM, istituto per la competitività, analizza come l’intelligenza artificiale può impattare sull’economia del Paese e dei singoli territori. Per utilizzarne al meglio le potenzialità, è la tesi di ICOM, è opportuno pure pianificare un’integrazione strategica di tecnologie avanzate.

Sviluppare, implementare e gestire soluzioni basate sull’IA richiede pure, cioè, di mettere a punto una catena tecnologica (tool, framework, software e hardware) in grado di rendere i modelli di intelligenza artificiale più efficienti, scalabili e sostenibili.

Lo studio – che ha un respiro ampissimo – segnala come, in termini di infrastrutture dedicate all’intelligenza artificiale, l’Italia stia compiendo passi importanti. Interessante, per questo sito, l’approfondimento sul fronte, dei data center, con nuove aperture che nel 2024 hanno consentito a quelli presenti nel nostro paese di raggiungere una potenza energetica di 513 MW IT (considerando cioè, solamente le sale dati delle infrastrutture), con un aumento del +17% rispetto al 2023. Un aspetto delicato, inevitabilmente, diventa anche la gestione sostenibile di questo impegno.

Binomio AI e Sostenibilità

Nel quarto capitolo dello studio così si analizza proprio il binomio IA-sostenibilità. Il primo aspetto indagato è il notevole impatto ambientale che una struttura data center ha sul territorio. I data center sono strutture ad alto consumo energetico, responsabili di circa il 3% del fabbisogno elettrico totale dell’UE nel 2024, con punte significative in alcuni paesi come l’Irlanda (21% nel 2023). Il consumo energetico dei data center si suddivide principalmente tra apparecchiature informatiche (40-50%), sistemi di raffreddamento (30-40%) e sistemi ausiliari (10- 30%). L’efficienza energetica si misura tramite l’indicatore del Power Usage Effectiveness (PUE).

I data center tradizionali operano in genere con valori di PUE compresi tra 1,8 e 2,0, il che significa che per ogni Watt che alimenta i server è necessario quasi un altro Watt intero per le operazioni della struttura.

Le strutture moderne, altamente ottimizzate, riportano valori molto più bassi: i fornitori di cloud su larga scala mostrano medie PUE a livello di flotta intorno a 1,10-1,12, mostrando miglioramenti significativi dell’efficienza energetica.

L’ICIS stima che il PUE medio dei data center europei sia attualmente pari a 1,5 e che scenderà vicino alla soglia 1,35 nel 2035. Un’altra variabile da considerare è il consumo idrico, che si attiva in modo duplice: tramite generazione di elettricità e con i sistemi di raffreddamento.

Il paradosso virtuoso dell’AI

Sul territorio italiano, si sottolinea come la gran parte delle strutture attive ad oggi sia localizzata in zone dove la severità idrica – secondo la definizione di ISPRA – è bassa, dunque in territori nei quali la risorsa idrica è considerata sufficiente per gli usi locali, sia antropici che industriali. In secondo luogo, paradossalmente, l’IA può contribuire alla riduzione dei consumi energetici ed idrici sia del sistema, che di singole unità produttive.

Benefici per gli uffici e per i lavoratori

La gestione intelligente degli edifici, la previsione nel livello di produzione da rinnovabili, con la relativa rimodulazione della produzione fossile, la manutenzione predittiva e l’ottimizzazione dei processi sono tutti aspetti propri dei modelli di machine learning, che, se applicate dalle aziende, specialmente quelle appartenenti al comparto manufatturiero italiano, possono portare a vantaggi competitivi.

Infine, non vanno sottovalutati i benefici che l’IA apporta non solo nel modello di business dal punto di vista di costi fissi e ottimizzazione dei processi, ma anche sul personale. I risultati di uno studio empirico (Lane, Williams and Broecke, 2023) riportano che l’IA genera benefici per il lavoratore. I miglioramenti sono rilevati più frequentemente nella performance e nell’appagamento (80% e 63% degli intervistati rispettivamente), ma prevale il miglioramento anche nelle componenti che riguardano la salute fisica e mentale (56% e 54%)

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