L’Italia continua a perdere i suoi giovani migliori. E questo vuol dire sprecare 160 miliardi di valore. È quanto emerge dal nuovo rapporto del CNEL, presentato il 4 dicembre, che fotografa una realtà preoccupante. Il Paese non solo non riesce a trattenere i propri talenti, ma fatica anche ad attrarre giovani qualificati dall’estero. Un problema che mina la competitività e il futuro economico nazionale.

Giovani: i numeri che parlano chiaro
Tra il 2011 e il 2024, 630.000 giovani italiani tra i 18 e i 34 anni hanno lasciato il Paese, con un saldo netto negativo di 441.000 unità. Solo nel 2024 si sono registrate 78.000 partenze, pari al 24% delle nascite dell’anno. Il CNEL stima che il valore del capitale umano perso ammonti a 159,5 miliardi di euro, una cifra che rappresenta non solo il costo della formazione di questi giovani, ma anche il mancato contributo alla crescita economica.

Le destinazioni preferite? Regno Unito, Germania, Svizzera, Francia e Spagna. Paesi che offrono opportunità di lavoro più stabili, stipendi più alti e contesti professionali più dinamici.
Perché l’Italia non è attrattiva
Il rapporto evidenzia un dato sconcertante: solo l’1,9% dei giovani provenienti da Paesi avanzati sceglie l’Italia come destinazione. Le ragioni sono molteplici. In primo luogo pesa un mercato del lavoro rigido e poco meritocratico, con contratti precari e scarse prospettive di carriera. Secondo tema le retribuzioni basse rispetto alla media europea, soprattutto per i profili qualificati.

Terzo fattore, i costi elevati e inefficienze burocratiche, che scoraggiano chi vuole avviare attività imprenditoriali e, quindi, ritardi culturali e tecnologici, che rendono il Paese meno competitivo nei settori innovativi.
A ciò si aggiunge una percezione di scarsa mobilità sociale e di limitate opportunità per i giovani talenti, fattori che alimentano la fuga verso contesti più dinamici.

Il Paese invecchia e si impoverisce
La perdita di capitale umano non è solo un problema demografico, ma un vero e proprio freno alla crescita. Meno giovani significa meno innovazione, meno produttività e un sistema previdenziale sempre più sotto pressione. Il CNEL sottolinea come questa emorragia di competenze rischi di compromettere la capacità dell’Italia di competere a livello globale.
Le proposte del CNEL: attrarre giovani dall’estero
Il rapporto non si limita alla diagnosi, ma avanza alcune linee di intervento. Riforme strutturali del mercato del lavoro, per garantire stabilità e meritocrazia. Incentivi fiscali e agevolazioni per attrarre giovani dall’estero e favorire il rientro dei “cervelli in fuga”. Investimenti in innovazione e digitalizzazione, per creare ecosistemi competitivi. Politiche abitative e servizi per i giovani, per rendere le città italiane più vivibili e convenienti.
Il CNEL invita inoltre a una strategia nazionale che coinvolga istituzioni, imprese e università, con l’obiettivo di trasformare l’Italia in un Paese capace di trattenere e attrarre talenti.

Campanello d’allarme
Il rapporto CNEL è un campanello d’allarme che non può essere ignorato. In un mondo in cui la competizione si gioca sul capitale umano, l’Italia non può permettersi di perdere i suoi giovani migliori. Serve una visione di lungo periodo, capace di superare le logiche emergenziali e di investire sul futuro. Perché senza giovani, non c’è futuro.
Il documento sottolinea che l’Italia, per posizione geografica, è un ponte tra Europa e Africa e che questa condizione potrebbe essere sfruttata per attrarre capitale umano e investimenti. Si fa riferimento alla crescita della popolazione giovane in Africa e alla possibilità che i flussi migratori verso l’Europa aumentino nei prossimi decenni, con implicazioni economiche e sociali per l’Italia. Il rapporto accenna alla necessità di politiche che trasformino la pressione migratoria in opportunità, favorendo percorsi di formazione e integrazione per giovani provenienti dal continente africano.


