Disuguaglianza in Kenya, aumenta drammaticamente nonostante la crescita

Meno disuguaglianza. Non basta la crescita economica, il Kenya vede il suo pil innalzarsi e – contemporaneamente – aumentare la povertà nel Paese. A raccontarlo in profondità è il Rapporto sullo Stato della Disuguaglianza in Kenya di Oxfam.

Lo studio è intitolato La Crisi della Disuguaglianza in Kenya: Il Grande Divario Economico, ed è stato messo a punto attraverso la partecipazione e i contributi di vari portatori di interesse.

Autori principali Anthony Kamande e Beverly Musil, Oxfam riconosce il ruolo principale al Consiglio di Amministrazione di Oxfam Kenya e poi segnala anche il contributo del Direttore Esecutivo e della Direzione Generale.

Tra i punti chiave della sintesi, emerge come il Kenya abbia il quindicesimo tasso più alto di povertà estrema al mondo. Dal 2015, altri sette milioni di keniani sono caduti nella fascia più svantaggiata in assoluto. Tuttavia, questo aumento della povertà è stato accompagnato da una crescita economica impressionante. Ma senza una redistribuzione corretta: i125 keniani più ricchi detengono più ricchezza del 77% della popolazione.

Quindi, nonostante un’espansione economica media del 5% annuo dal 2015, quasi metà dei keniani vive con meno di 130 KES al giorno. La disuguaglianza è alimentata da politiche che favoriscono le élite, lasciando milioni di persone in condizioni drammatiche.

Disuguaglianza a tutti i livelli

La disuguaglianza economica si manifesta in vari ambiti: reddito, ricchezza, genere e accesso ai servizi pubblici. Il coefficiente di Gini, che misura la disuguaglianza, è aumentato da 0,36 a 0,39 tra il 2019 e il 2021. Il 10% più ricco guadagna quasi la metà del reddito totale, mentre il 50% più povero possiede meno del 4% della ricchezza totale. Le donne sono particolarmente colpite: guadagnano solo il 65% di quanto guadagnano gli uomini e sono cinque volte più propense a svolgere lavori non retribuiti.

Il ruolo pubblico: istruzione, sanità, welfare

La disuguaglianza è aggravata dalla crisi nei servizi pubblici essenziali come istruzione, sanità e protezione sociale. L’istruzione pubblica, nonostante i progressi iniziali con l’abolizione delle tasse scolastiche per le scuole primarie e secondarie, è sotto finanziata. I bambini delle famiglie più povere ricevono quasi cinque anni di istruzione in meno rispetto ai loro coetanei più ricchi. La qualità dell’istruzione è compromessa da carenze di insegnanti e risorse. Inoltre, il nuovo modello di finanziamento dell’istruzione superiore esclude gli studenti più poveri, rendendo l’accesso all’università sempre più difficile.

La sanità pubblica soffre di sottofinanziamento cronico, con budget che rappresentano solo il 6% della spesa governativa, ben al di sotto del benchmark del 15% raccomandato. La carenza di personale medico e di forniture essenziali nei centri sanitari pubblici costringe le famiglie a sostenere spese sanitarie dirette, spesso catastrofiche. Il nuovo Fondo di Assicurazione Sanitaria Sociale (SHIF), introdotto nel 2024, non è riuscito a garantire una copertura universale, escludendo molti lavoratori informali e famiglie povere.

La protezione sociale è limitata: solo il 9% dei keniani è coperto da almeno una forma di protezione sociale. Il programma Inua Jamii, che fornisce trasferimenti di denaro agli anziani e alle famiglie vulnerabili, non ha aumentato i benefici per tenere il passo con l’inflazione, lasciando milioni di persone senza un sostegno adeguato.

Le radici del problema

Le radici della disuguaglianza in Kenya risiedono nel retaggio coloniale, che ha concentrato il potere economico e politico nelle mani di pochi, escludendo la maggioranza. Dopo l’indipendenza, le élite locali hanno perpetuato queste strutture di privilegio, aggravando la disuguaglianza. La distribuzione iniqua della terra è un altro fattore chiave: le terre più fertili sono nelle mani di pochi, mentre milioni di persone sono costrette a vivere su appezzamenti piccoli e improduttivi.

Il sistema fiscale è regressivo, con un’eccessiva dipendenza da tasse indirette come l’IVA, che colpiscono maggiormente le famiglie povere. Le esenzioni fiscali per le grandi imprese e la bassa tassazione sui redditi da capitale e proprietà favoriscono i più ricchi, mentre i lavoratori a basso reddito sono gravati da tasse elevate.

Le soluzioni politiche

Per affrontare la disuguaglianza, il governo deve adottare misure radicali. Tra le raccomandazioni principali del report ci sono quattro focus.

In primo piano, bisogna fornire servizi pubblici universali e gratuiti. Secondo Oxfam bisogna garantire l’accesso universale a istruzione, sanità e protezione sociale, aumentando i budget per questi settori. L’istruzione dovrebbe essere gratuita dalla scuola materna alla secondaria, con un aumento della spesa per studente. La sanità dovrebbe essere finanziata attraverso la tassazione generale, eliminando il modello SHIF.

Secondo punto chiave le riforme fiscali. Secondo Oxfam bisogna rendere il sistema fiscale più progressivo, aumentando le tasse sui redditi da capitale, proprietà e eredità per i più ricchi. Introdurre una tassa sul patrimonio netto per gli individui ultra-ricchi e eliminare le esenzioni fiscali per le grandi imprese.

Terzo fronte importante quello del lavoro. Secondo Oxfam è necessario espandere i programmi di lavori pubblici per assorbire i giovani disoccupati e sostenere le piccole e medie imprese. Rafforzare i diritti dei lavoratori e ridurre il divario salariale di genere.

Il debito, le risorse finanziarie. Secondo Oxfam si deve richiedere la ristrutturazione del debito e il perdono da parte della comunità internazionale, garantendo che i prestiti siano utilizzati per sostenere i settori sociali.

Secondo lo studio, in conclusione, la disuguaglianza in Kenya non è inevitabile, ma è il risultato di scelte politiche che favoriscono le élite. Con un impegno politico forte e riforme mirate, il Kenya può diventare una società più equa e prospera, dove ogni cittadino ha accesso a opportunità e servizi essenziali.

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