Africa big globale del lavoro nel 2040. Kenya caso esemplare

SOMMARIO

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Africa potenza mondiale nei prossimi decenni. Dove verranno creati i prossimi 100 milioni di posti di lavoro? Se lo chiede (e da una risposta) il Kiel Institute, che come attività chiave realizza periodicamente un indice globale.

Il Global Jobs Index è in realtà un progetto congiunto tra Kiel Institute e IMpacc, che è un Fondo di venture capital filantropico con sede ad Amburgo che trasforma le donazioni in investimenti e in startup africane.

Il Global Jobs Index fornisce la prima risposta scientificamente fondata a una semplice domanda: di quanti posti di lavoro ha bisogno il mondo? Dove mancano oggi e dove saranno creati in futuro?

Africa e lavoro secondo Kiel

Mostra il divario tra il numero di persone in cerca di lavoro e il numero di posti di lavoro effettivamente disponibili in tutto il mondo, dal 2000 al 2060. Perché è importante? I posti di lavoro creano reddito e garantiscono la partecipazione sociale: senza lavoro, la coesione sociale si rompe.

L’ultima produzione fornisce la prima proiezione globale su dove verranno creati nuovi posti di lavoro nei prossimi decenni e regala alcune fondamentali considerazioni: entro quindi anni il 75% di posti di lavoro sarà inevitabilmente africano. A tendere il trend si consoliderà, con dati anche più ecltanti e schiaccianti. Sorprende, così, in questa prospettiva, che le analisi geopolitiche correnti alla fine non riconoscano questa centralità del continente che sta dall’altra parte del Mediterraneo, specchiandosi nella ‘vecchia’ (e non solo metaforicamente) Europa.

Entro il 2030, il numero totale di posti di lavoro nel mondo aumenterà di circa 100 milioni — oltre 75 milioni di questi in Africa. Al contrario, in Europa si prevede un calo della popolazione in età lavorativa e dell’occupazione totale.

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I numeri dell’Africa, quelli del Kenya

In paesi come il Kenya, si prevede quasi piena occupazione entro il 2060. Entro il 2029, la maggior parte dei nuovi posti di lavoro nel mondo emergerà nei paesi africani.

Lo screening per continente offre più dettagli. In Africa +75 milioni di nuovi posti di lavoro sopra la soglia di povertà (2,15 USD/giorno), in Asia +21 milioni, in Sud America +9 milioni, in Nord America +4 milioni, in Oceania: +0,4 milioni. Con l’Europa in saldo negativo di 7 milioni (assumendo tassi di disoccupazione stabili).

In questo contesto, l’Africa può diventare un partner strategico. Investimenti produttivi in Africa possono ridurre la pressione migratoria. Relocalizzazione di attività può compensare la carenza di manodopera qualificata in Europa. Partnership tecnologiche e industriali possono favorire uno sviluppo reciproco. Questa visione supera la logica dell’aiuto e promuove una cooperazione economica paritaria, basata su interessi condivisi.

Secondo le stime del Kiel Institute la crescita demografica massiccia combinata con lo sviluppo economico spiega la forte dinamica dell’Africa. In Asia ed Europa, l’invecchiamento demografico rallenta la crescita occupazionale.

Nei paesi del Sud globale, 320 milioni di potenziali lavoratori non hanno ancora un impiego sopra la soglia di povertà. In Kenya, il 22% della popolazione è disoccupata o lavora sotto la soglia. In Somalia, la cifra arriva al 75%. Il trend dei due Paesi e drammaticamente diverso.

Un trend per il Kenya ed uno per la Somalia

Entro il 2060 in Kenya il divario occupazionale si ridurrà al 2%. In Somalia invece rimarrà alto, intorno al 63%.

L’IMpacc spiega sul tema come i lavori che sollevano le persone dalla povertà assoluta siano il primo passo cruciale nello sviluppo economico. Spesso sono informali, basati sull’autoimpiego o part-time. Il passo successivo è un impiego più produttivo, meglio retribuito e stabile.

Perché il Kenya è già leader in servizi e tecnologia nell’Africa orientale. Questo porta molti lavori tipo Uber, ma anche innovazioni da startup che affrontano problemi come l’accesso al cibo o alla sanità.