L’Onu e la sua vitalità oltre che il suo senso in questa epoca storica travagliata e di cambiamenti in discussione a New York. Il presidente del Kenya, William Ruto, si è espresso sul tema in un incontro con altri leader africani, in vista della partecipazione all’80ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite. L’Africa, ha ricordato Ruto, merita almeno un seggio permanente nel consiglio di sicurezza dell’ONU.

Le istanze di Ruto e dell’Africa in questo senso non sono una novità. Già l’anno passato e anche in precedenza si era levata la protesta degli statisti del continente, non considerato quanto si deve nel consesso globale.

La mobilitazione da parte del leader keniota e degli altri leader africani per una riforma dell’ONU, arriva in un momento chiave della storia di questa organizzazione. Quando cioè, i casi recenti della guerra in Ucraina e della invasione brutale di Gaza post 7 ottobre di Israele, hanno convinto anche i più ‘pigri’ e conservatori tra gli stati occidentali, restii a cambiare, che fosse venuto il momento di ridiscutere le basi un assetto definitosi con gli esiti della seconda guerra mondiale e rimasto sostanzialmente stabile. Ancorchè ingessato.

Il potere di veto nell’ONU
L’Africa conta 54 Stati membri dell’ONU, rappresentando circa il 17% della popolazione mondiale e possedendo il 30% delle risorse minerarie globali. Nonostante ciò, il continente non ha alcun seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza, che è composto da 15 membri, di cui solo 5 permanenti con diritto di veto (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito).
Ruto e altri leader africani hanno sottolineato che questa esclusione è una “ingiustizia storica”. L’Africa è una delle vittime di un sistema bloccato, meno rappresentativo, che ha portato ad una perdita di fiducia nell’ONU.
La richiesta africana è parte di un movimento più ampio per riformare le istituzioni globali, incluso il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. E in questo senso riformatore vanno lette anche le iniziative delle varie aggregazioni geopolitiche internazionali. In primo piano, da questo punto di vista, negli ultimi mesi, ci sono le iniziative dei BRICS, in cui l’Africa è largamente rappresentata. E quelle dei Paesi riuniti nella SCO, che ha nella Cina il suo attore più eminente ma ha un baricentro più asiatico.
Il conflitti africani e l’Onu
Ruto ha sondato il Comitato dei 10 capi di stato e di governo (C-10) dell’UA, l’organismo creato nel 2008 a Tunisi e composto da dieci ministri delle Finanze e governatori delle banche centrali di altrettante nazioni africane.

La scarsa rappresentanza dell’Africa nel Consiglio dell’Onu, infatti, secondo molti osservatori, impedisce all’UA di identificare soluzioni efficaci e concrete ai protratti conflitti presenti in Africa e ‘pesare’ il giusto nel consiglio delle Nazioni Unite.
Lo stesso segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, del resto, ha in più di una occasione sostenuto che non è accettabile che l’Africa non abbia avuto fino ad oggi un membro permanente nell’organizzazione.
“L’esclusione dell’Africa dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è inaccettabile e indifendibile”, ha sottolineato Ruto prima del VII Vertice del Comitato dei Dieci Capi di Stato e di Governo dell’Unione Africana (C-10) sulla Riforma del Consiglio di Sicurezza, come rivelato dal presidente sul social network X.
Ingiustizia storica
“Dobbiamo correggere questa ingiustizia storica affinché le Nazioni Unite possano svolgere il loro ruolo”, ha detto il presidente keniota, sottolineando che i leader africani devono “amplificare la voce dell’Africa su tutte le piattaforme, unirsi per un’equa rappresentanza e difendere la posizione comune africana”.
Nel suo discorso al C-10, il presidente ha sostenuto che l’Africa ha “una quota non proporzionata nell’agenda del Consiglio di Sicurezza ed è uno dei maggiori contributori alle operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite”.
La 80ª sessione plenaria delle Nazioni Unite si è aperta il 9 settembre 2025, e celebra gli 80 anni dalla fondazione dell’ONU, prevedendo il dibattito ‘ad alto livello’ dal 23 al 27 settembre. Il tema centrale è “Better together: 80 years and more for peace, development and human rights” (Meglio insieme: 80 anni e oltre per pace, sviluppo e diritti umani).