RDC, Ruanda, M23, Donald Trump. Il conflitto ‘risolto’ dalla Casa Bianca basando gli accordi sulle ragioni dell’economia potrebbe tornare molto presto d‘attualità. Riacceso dall’odio tribale. Questo nonostante si sia arrivati alla tregua con un sapiente e lungo lavoro diplomatico.

Due tavoli di pace, con gli Usa a mediare tra RDC e Ruanda. E poi il Qatar tra il Congo ed i ribelli dell’M23, ‘aiutati’ da Kigali. Questi ultimi all’inizio dell’anno avevano invaso i territori vicini al Lago di Kivu, da Goma a Bukavu, presidiando una zona ricchissima di minerali preziosi e rari.
Trump, Kagame e Tshisekedi
Gli Usa in primavera hanno portato a casa i preliminari dell’accordo tra Paul Kagame, leader del Ruanda, e Felix Tshisekedi, presidente della RDC. Mentre a Doha, si è riusciti dopo molti rinvii a far dialogare il governo congolese direttamente coi ribelli.
Il 27 di giugno c’era stata la sigla formale dell’accordo a Washington, con Donald Trump a benedire la ‘fine’ del conflitto e mettere fieno in cascina per la sua pretesa di vincere il Nobel per la pace. A luglio era arrivato l’accordo di principio – da perfezionare nel tempo – tra le forze irregolari che avevano invaso i territori preziosi del Lago di Kivu e il Congo.

Ebbene a non troppo settimane di distanza da questi esiti confortanti si torna a parlare della riaccensione di una querelle epocale. In quel quadrante orientale dell’Africa si registrano di nuovo tensioni.

Nuove tensioni sul Lago di Kivu
Per adesso in corso è una sorta di mobilitazione. Ma il rischio sempre più alto è quello di una pesante escalation che riporti tutto allo stadio iniziale. L’esercito congolese e l’M23 stanno rinforzando le posizioni e si accusano di avere violato la tregua.
Incombono infatti i temi rimasti irrisolti del dialogo di Doha. I ribelli vogliono la preventiva liberazione dei prigionieri prima di andare avanti nel processo e chiedono un governo congiunto delle aree conquistate. Tshisekedi si rifiuta di condividere l’autorità sul territorio in questione come di consegnare prigionieri dell’M23.

Secondo vari osservatori neutrali nella zona la violenza continua incessante con centinaia di esecuzioni sommarie, torture e stupri commessi da entrambe le parti anche dopo gli accordi di pace preliminari, prima a Washington e poi a Doha.
Alle radici del conflitto
Trump ha dichiarato l’interesse delle aziende statunitensi per la ricchezza mineraria del Congo e opzionato sviluppi economico commerciali col governo di Kinshasa. Ma il conflitto, oltre che radici economiche, ha pure motivazioni etniche e sociali. Il precedente chiave è il genocidio del 1994.
Ma alla base ci sono le tensioni tra Hutu e Tutsi, alimentate dal colonialismo belga. I Tutsi erano favoriti dai belgi, mentre gli Hutu erano marginalizzati. Dopo l’indipendenza (1962), gli Hutu presero il potere e iniziarono persecuzioni contro i Tutsi. l 6 aprile 1994, l’aereo del presidente Hutu Juvénal Habyarimana fu abbattuto. Questo evento fu il pretesto per l’inizio del genocidio, dei Tutsi, già pianificato da estremisti Hutu.
In circa 100 giorni, furono uccise tra 500.000 e oltre 1 milione di persone, principalmente Tutsi e Hutu moderati. Le uccisioni avvennero con machete, armi da fuoco e bastoni chiodati. Le milizie Interahamwe e Impuzamugambi furono tra i principali esecutori.

Il Fronte Patriottico Ruandese (FPR), guidato dall’attuale presidente del Ruanda, Paul Kagame, mise fine al genocidio conquistando Kigali e instaurando un nuovo governo. Dopo il genocidio, centinaia di migliaia di Hutu, inclusi genocidari armati, fuggirono in RDC, stabilendosi in campi profughi vicino al confine.
Il gruppo degli M23 è un esercito ribelle nato nel 2012, composto in gran parte da Tutsi congolesi e accusato di essere sostenuto dal Ruanda. Il gruppo afferma di difendere le comunità ruandofone, ma è anche coinvolto nel controllo e sfruttamento illegale di risorse minerarie come il coltan.
Gli interessi di Kigali e quelli di Kinshasa
Dopo il genocidio, in cui furono uccisi circa un milione di Tutsi e Hutu moderati, i superstiti della milizia Hutu sconfitta fuggirono in Congo, formando un gruppo noto come FDLR.
I ribelli dell’M23 sono nati per proteggere i Tutsi del Congo. Il Ruanda nega di sostenere i ribelli, ma afferma che farà tutto il necessario per difendersi dalle FDLR.
Kinshasa accusa Kigali di aver utilizzato I’M23 come strumento per saccheggiare minerali preziosi dal territorio congolese. L’M23 attualmente controlla la catena di approvvigionamento, dalle miniere al confine. Secondo gli osservatori più esperti dell’area il Ruanda ha ceduto alle enormi pressioni di Washington per raggiungere un accordo con Kinshasa solo perché sapeva che non ci sarebbe stata una vera soluzione finale.