Africa e-commerce, come Jumia sfida Shein e Temu

SOMMARIO

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La concorrenza è sempre più agguerrita per Jumia, la più grande piattaforma di e-commerce dell’Africa. Più degli americani e degli attori locali, i concorrenti esteri più rilevanti sono aziende cinesi come Temu e Shein. Amazon ha ufficialmente lanciato la sua piattaforma Amazon.co.za in Sudafrica nel maggio 2024, segnando il suo primo ingresso diretto nel continente africano. Questo debutto è stato strategico, dato che il Sudafrica è considerato il mercato e-commerce più avanzato della regione. Altra presenza importante di Amazon è quella in Egitto.

Amazon ha avviato operazioni locali e sta assumendo personale, segno di un investimento strategico nel continente. Tuttavia, la sua presenza è ancora limitata rispetto a quella in altri mercati globali. In tema attori Usa, eBay, invece, non ha marketplace ufficiali in Africa, ma alcuni venditori internazionali sono disposti a spedire nel continente.

I competitor locali di Jumia

Tuttavia, le spedizioni possono essere complicate e costose, e non tutti i prodotti sono disponibili per la consegna in Africa. Oltre a Jumia, che è il leader pan-africano, esistono diversi player locali e regionali che operano nel settore dell’e-commerce. Takealot (Sudafrica) è il più grande sito di e-commerce in Sudafrica e offre una vasta gamma di prodotti, come Amazon, ma con una copertura limitata al mercato sudafricano. In Nigeria, invece, Jumia deve fare i conti con Konga, che offre marketplace, logistica e pagamenti digitali ed è radicato sul territorio.

La vitalità del Kenya

Come lo è il keniota Kilimally, attivo anche in Uganda e Nigeria, offre prodotti elettronici, moda e articoli per la casa e distribuisce prodotti cinesi a prezzi competitivi. Sempre in Kenya, ma con una copertura più densa nelle aree rurali, opera Copia Global, mentre Twiga Foods è una piattaforma di dialogo tra agricoltori e rivenditori e ha un impatto significativo sulla distribuzione alimentare.

Tra i concorrenti africani più ambiziosi di Jumia, a ovest, ci sono poi Afrimarket e DealDey che però non hanno finora preso piede alla setessa maniera. Temu e Shein, invece, giganti giapponesi che hanno già fatto la loro comparsa in Italia da tempo, sono entrati recentemente e con successo nel mercato africano, soprattutto in Nigeria. Offrono prodotti a basso costo, principalmente moda e accessori e così Jumia ha risposto rafforzando la propria rete di fornitori per competere.

 

La storia e le ambizioni di Jumia

Fondata nel 2012 a Lagos, Nigeria, da un team di imprenditori tra cui Jérémy Hodara, Sacha Poignonnec, Tunde Kehinde e Raphael Kofi Afaedor, Jumia ha rapidamente esteso la sua presenza in diversi paesi africani, diventando un punto di riferimento per il commercio digitale nel continente.

Jumia è strutturata su tre pilastri principali: connette venditori e acquirenti, offrendo una vasta gamma di prodotti, tra cui elettronica, moda, articoli per la casa, cosmetici e beni di consumo quotidiani; offre un sistema logistico integrato che gestisce magazzini, punti di ritiro e consegna, collaborando con oltre 400 partner locali per garantire spedizioni affidabili anche in aree remote; con JumiaPay, inoltre, garantisce anche un servizio di pagamento digitale sicuro che facilita le transazioni online e offre anche servizi finanziari come ricariche telefoniche e pagamento bollette.

Al NYSE

Jumia è attiva in 9 paesi africani, che rappresentano circa il 70% del PIL e degli utenti internet del continente. Nel 2024 ha registrato 5,4 milioni di consumatori attivi, 70.000 venditori attivi, 22,7 milioni di ordini, per circa 720 milioni di dollari di valore lordo delle merci. Nel 2019 era arrivata quotazione alla Borsa di New York (NYSE), prima tech company africana a farlo.

Jumia sta ora utilizzando la stessa strategia che ha caratterizzato i suoi rivali cinesi: aggiungere commercianti cinesi al bacino di venditori per rimanere competitiva. Sta anche sfruttando la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, mentre i commercianti cinesi cercano di diversificare la propria presenza nei mercati africani.

L’azienda ha abbandonato attività poco performanti, come la consegna dei pacchi e si è concentrata sui beni fisici in mercati chiave come la Nigeria. All’inizio di agosto, Jumia ha registrato un fatturato di 45,6 milioni di dollari, con un aumento del 25% su base annua.

Intervistato da Rest of World il CEO di Jumia, Francis Dufay, ha così sintetizzato il confronto con i concorrenti cinesi.

Il target della piattaforma è la classe media africana, una piccola e molto diversificata borghesia – che guadagna tra i 200 e i 500 dollari al mese che può spendere intorno ai 30 dollari al mese sull’ e-commerce  – e a cui vengono proposti prodotti con la massima convenienza. “Questo significa offrire scarpe da 5-10 dollari e TV da 80 dollari”.

Per raggiungere questo obiettivo però per Jumia, la Cina (Temu e Shein) che esce dalla porta, rientra dalla finestra, attraverso cioè fornitori cinesi diretti di beni a basso prezzo. La sfida per l’azienda? I concorrenti fanno ingenti spese in marketing e comunicazione, nonché in promozione. Attraverso il miglioramento dei servizi locali, una grande efficienza nelle consegne e un uso ottimizzato dei canali di marketing, Jumia riesce a reggere la concorrenza cinese anche su questo piano.