La Libia? Per Vadoinafrica.com ora è un vulcano in eruzione

SOMMARIO

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Come sta la Libia? Martino Ghielmi, fondatore e animatore di Vadoinafrica.com e ‘amico’ di Alice for Children, ha pubblicato un interessante post su LinkedIn dedicato proprio alla situazione di questo Paese del nord Africa così legato alla storia non solo recente del nostro Paese. I rapporti tra Italia e Libia hanno radici profonde e complesse, segnate dal passato coloniale, conflitti, e successivi, lunghi, tentativi di cooperazione.

Più di un secolo fa, nel 1911, l’Italia invase la Libia, allora parte dell’Impero Ottomano, avviando la guerra italo-turca. Con il Trattato di Losanna del 1912, la Libia passò formalmente sotto il controllo italiano, ma durante la Seconda guerra mondiale, l’Italia perse il controllo del Paese, che venne occupata dagli Alleati. Nel 1951, la Libia ottenne l’indipendenza sotto il re Idris I, ma il nostro paese sviluppò immediatamente relazioni forti in ambito economico, divenendo uno tra i principali partner commerciali del paese, soprattutto nel settore petrolifero.

La Libia e l’Italia, una lunga storia

Relazioni che – tra momenti molto difficili e successive rappacificazioni – rimasero floride anche dopo il colpo di Stato del 1969 che portò al potere Muammar Gheddafi, con ENI che mantenne una forte presenza in Libia.

Nel 2011, quando la Libia fu travolta dalla rivoluzione che portò alla caduta di Gheddafi, l’Italia fece parte della missione NATO che intervenne nel paese. Da allora, la Libia ha vissuto una grave instabilità politica e conflitti interni tra fazioni rivali.

L’Italia ha continuato a supportare tentativi di stabilizzazione e mediazione, mantenendo un interesse strategico nel paese per ragioni economiche e migratorie.

Ma facendo fatica a posizionarsi nel contesto molto complicato che vede la vecchia Libia spaccata in due, con la Tripolitania e la parte orientale sotto il controllo di forze diverse. E con turchi (nostalgici dell’impero) e russi inseriti nei rapporti di forza.

In campo c’è il Governo di Unità Nazionale (GNU), con sede a Tripoli, guidato dal primo ministro Abdul Hamid Dbeibah. È riconosciuto internazionalmente e dall’Italia e controlla il nord-ovest del paese. Gli si oppone l’Esercito Nazionale Libico (LNA), comandato dal feldmaresciallo Khalifa Haftar, che domina l’est e parte del sud. Ha legami con la Russia. Diverse formazioni armate operano autonomamente, spesso alleate con il GNU o l’LNA. L’Italia cerca di bilanciare interessi economici, sicurezza e stabilità regionale. ENI continua a essere un attore chiave nel settore petrolifero libico, collaborando con il GNU per garantire la produzione e l’esportazione di gas e petrolio.

Un vulcano attivo

Quello che per mesi e mesi è stato un territorio oggetto di monitoring attento – della nostra stampa e di quella internazionale – è ora ‘dimenticato’.

Ghielmi ha le sue idee sulle ragioni di questa ‘rimozione’ e titola il contenuto postato ‘LIBIA: IL VULCANO CHE (PER ORA) SI FINGE DI NON VEDERE’.

Nel post – che ha raccontato molti commenti – racconta di grandi tensioni e prossimi cambiamenti in quel di Tripoli, con in corso scontri armati tra milizie anche nei quartieri centrali. In particolare, sono stati trovati 58 cadaveri non identificati in un ospedale controllato dalle milizie.

Il quadro descritto dal fondatore di Vadoinafrica.com è desolante. “La popolazione è esasperata da anni di violenze, ingerenze straniere e corruzione sistemica, il governo ‘di unità nazionale’, riconosciuto dall’ONU, ha perso ogni residua legittimità, con il premier Dbeibah, al potere senza mandato elettivo, che è accusato di gestione opaca dei fondi pubblici e favoritismi clientelari”.

E mentre si evita accuratamente di andare al voto, secondo molte analisi oggi vincerebbe Saif Gheddafi — sostenuto da ampie fasce della popolazione stanca dell’anarchia post-2011.
Perché gli italiani devono preoccuparsi? Perché il 15% del fabbisogno italiano di petrolio dipende dalla Libia. E perché l’Europa in quel contesto è spaccata, con Italia e Francia che esprimono sul campo la loro profonda diversità di interessi nell’area.

Ue debole, con gli Usa sempre meno interessati al ruolo di poliziotto internazionale, vuol dire campo aperto per le iniziative di Paesi – Russia, Turchia, Egitto- con nel dna una prevalenza di tratti tutt’altro che democratici. Conclude Ghielmi, suggerendo l’ascolto di un podcast sul tema: “Svegliarsi ora è tardi. Ma far finta di nulla è peggio”.