Noi+ per capire di più su una scelta importante. Chi fa il volontario in Italia, per quale motivo si attiva, quali competenze mette in gioco, con quali esiti per se stesso, per la comunità e per le cause per cui scende in campo. Questo ed altro ancora emerge dalla ricerca ‘Noi+. Valorizza te stesso, valorizzi il volontariato’, firmata Forum del terzo settore, Caritas Italiana e Università Roma Tre. In comune per tutti i volontari – emerge dallo studio – c’è la incoraggiante premessa/sensazione, di poter cambiare in meglio se stessi, le cose ed il mondo.
Noi+, meglio l’agire
Facendo volontariato si sta meglio. Non solo il volontariato ha il merito di contribuire in maniera consistente a indirizzare la nostra società verso una maggiore inclusione, solidarietà e giustizia sociale. Ma l’agire in questa dinamica ideale e culturale rappresenta – nel contesto di una virtualità digital spesso frustrante – un contesto formativo decisivo, capace di generare saperi, abilità e atteggiamenti che sono sempre più centrali per affrontare le sfide di oggi e la vita reale.
Altruismo, in loco
Presentata il 28 aprile a Roma, nell’Aula Volpi dell’Università di Roma Tre, con la partecipazione anche del viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maria Teresa Bellucci, l’indagine offre indicazioni chiare sulle motivazioni dei volontari e sulla cornice ideale in cui si muovono.
Gli esiti più importanti da questo punto di vista, sono tre. Il primo, è che il motivo che spinge a fare volontariato, quasi nel 90% dei casi, è dare un contributo alla comunità di riferimento.
Il secondo ed il terzo attengono al fatto che questo sforzo/missione sia certamente utile: più della metà degli intervistati pensa che il proprio impegno abbia un forte impatto nel modificare la realtà e più del 75% afferma che fare volontariato ha cambiato profondamente il suo modo di pensare.
Competenze soft e non solo
Tutti i volontari mettono in campo il bouquet di competenze identificate bene nel questionario: la capacità di collaborare, ma anche quella di gestire le proprie emozioni e i conflitti, sviluppare pensiero critico, apprendere lungo tutte le fasi della vita, affrontare i cambiamenti.
Competenze trasversali sempre di più fondamentali per la costruzione di una cittadinanza attiva. E che mixate alle motivazioni rappresentano la ‘cilindrata’ decisamente robusta del volontariato nazionale e la pongono come una risorsa importante per tutta la società.
Tornando alle competenze, le più agite sono quelle sociali (92,5%) che attengono all’empatia, alla capacità di comunicare in modo efficace e collaborare, seguite per l’86,9% dalla competenza di “apprendere ad apprendere” e dalle competenze personali per l’85%. Supera l’80% anche la competenza di cittadinanza, ovvero la capacità di agire da cittadini responsabili e partecipare pienamente alla vita civica e sociale. Di contro, le ‘soft skills’ meno agite sono quelle manageriali e di leadership con il 43,4% del campione che ha risposto di utilizzarle qualche volta o mai, la competenza imprenditoriale al 42% e quelle legate alla gestione del cambiamento con il 39,3%.
Cambiare le cose si può
In 9 su 11 delle tipologie di competenze prevalgono le donne, con le uniche eccezioni per quelle manageriali e di leadership e digitale. In tema motivazioni, oltre al desiderio di dare un contributo alla comunità, emergono anche obiettivi meno generici, come l’arricchimento professionale (32,1%), la fede nella causa del gruppo (31,7%) e la volontà di rispondere ai bisogni urgenti della società (26,7%).
L’atteggiamento e positivista: più della metà dei volontari (53,8%) ritiene che il proprio impegno abbia un forte impatto nel modificare la realtà e sono più del 75% i volontari che ritengono di aver cambiato profondamente il proprio modo di pensare, specialmente i giovani adulti.