Italia e Nazioni Unite per filiera caffè in Africa (e Kenya)

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Caffè in primo piano. Collaborazione sempre più spinta e connessa tra l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale (UNIDO ) e il Governo italiano. L’accordo, appena sviluppato e implementato, chiama in causa la produzione sostenibile di caffè. Un impegno perfettamente armonico con il focus che  – in tema rapporti tra Africa e Italia – il Piano Mattei di ispirazione e azione governativa, pone su sicurezza alimentare, energie rinnovabili, formazione.

Sono stati destinati 15 milioni di euro al progetto intitolato ‘Advancing Climate-Resilience and Transformation in African Coffee’: una cifra che il nostro Paese non aveva mai garantita a Unido.

L’Idea, in particolare, è quella di intervenire e migliorare la vita delle persone all’inizio della filiera del caffè, nel quadro di un nuovo paradigma paritario di cooperazione allo sviluppo. Per raggiungere questo obiettivo si pensa di assicurare assistenza tecnica, strumenti finanziari e sostegno politico, per favorire un’economia del caffè sostenibile e resiliente ai cambiamenti climatici.

Il caffè è un assett chiave

In Africa, il caffè rappresenta circa il 12% della produzione globale e svolge un ruolo fondamentale, rappresentando una fonte di valuta estera, di generazione di entrate fiscali e di posti di lavoro. Nonostante la crescente domanda globale di caffè, il settore deve affrontare sfide crescenti, tra cui il cambiamento climatico, le fluttuazioni dei prezzi globali e le pressioni normative, che minacciano i mezzi di sussistenza di milioni di piccoli agricoltori.

L’iniziativa ACT Coffee mira a sostenere i paesi africani produttori di caffè nel realizzare una trasformazione strutturale della catena del valore del caffè. Inizialmente focalizzata sull’Africa orientale (Etiopia, Kenya, Tanzania, Uganda, Malawi), è progettata per essere esteso all’intero continente africano.

Il caffè del Kenya è rinomato a livello mondiale per la sua eccezionale qualità. Nairobi è appena fuori dalla top ten dei produttori dominata dal Brasile e che vede tra i Paesi guida anche Vietnam, Colombia e Indonesia. Leadership brasiliana a parte, gli altri posti in graduatoria sono suscettibili di variazioni legate all’andamento dei raccolti, fortemente influenzato dal clima.

Una rodata partnership con l’Italia

Il Kenya esporta la maggior parte del suo raccolto. Si tratta di una produzione annuale di circa 50.000 tonnellate, di tipo molto sofisticato. Circa il 95% del prodotto è di tipo Arabica, coltivato su un’area totale di circa 120.000 ettari ad altitudini comprese tra 1.400 e 2.000 metri. Queste attività danno lavoro a circa 150mila kenioti.

Buoni sono i rapporti con le principali aziende italiane, con Lavazza e Illy in primo piano, impegnate a rendere sostenibile la filiera. Si chiama Arabika, un’iniziativa congiunta tra Italia e Kenya già operativa, e coinvolge circa 21 cooperative di coltivatori puntando a migliorare la qualità e la commercializzazione del prodotto. Il caffè keniota è noto per il suo sapore pieno e fruttato, con un’alta acidità che lo rende perfetto per i blend (italiani) di alta qualità.