Esportare lavoro. Soprattutto giovani. Falli formare fuori e poi magari riprenderseli, riattrarli. E’ una visione condivisa da vari Paesi africani. Opportunista e realista ma secondo alcuni a rischio di essere nei tempi medi autolesionista. Il presidente keniota William Ruto è uno di quelli che crede di più in questa strategia. Su cui ora è incombente, come una sorta di giudizio definitivo, l’appuntamento elettorale tedesco del 23 febbraio. Ruto ha annunciato e poi portato avanti e siglato (a settembre dell’anno scorso) piani per ‘esportare’ manodopera in alcuni mercati a caccia di nuove risorse professionali.
L’accordo più importante è stato concluso con la Germania, dove però questa scelta di apertura, sia pure ad un tipo di immigrazione ‘controllata’, ha comunque innescato le campagne di partiti ultra-nazionalisti come l’AFD. Un orientamento quello del governo di coalizione che si è dimesso, che andrà molto presto alla verifica del voto. L’opposizione in realtà contesta i principi della legge del 2023 che aveva allargato le maglie dell’accoglienza di Berlino ai lavoratori stranieri e così non è facile prevedere cosa succederà nei prossimi mesi. Intanto Reuters ha raccontato come proceda questa politica di ‘export’ giovanile in Kenya.
Il ruolo del NYS e la politica del lavoro
Il National Youth Service (NYS) svolge un ruolo centrale in questa iniziativa fornendo una sorta di formazione, per garantire che i giovani kenioti siano ben preparati per le opportunità di lavoro internazionali.
I centri di reclutamento sono attivi in tutto il Paese e raccolgono centinaia di richieste. Oltre alla Germania si pensa di favorire l’impiego, più in generale, nei paesi ricchi in Europa, Medio Oriente e altri territori ancora. La ratio? I giovani keniani all’estero vanno ad acquisire competenze e reddito, in parte rimandato in Patria, che daranno una spinta all’economia nazionale. E magari così si sgonfierà anche la tensione sociale fatalmente innescata anche dai problemi dei giovani senza lavoro.
De resto mentre i paesi di approdo invecchiano, quasi tutte le nazioni africane rimarranno in saldo demografico ampiamente positio per molti decenni ancora. Le Nazioni Unite prevedono che la popolazione in età lavorativa dell’Africa crescerà di circa 1,5 miliardi entro il 2100 e che entro il 2050 sarà l’unica regione al mondo con un rapporto in calo tra persone a carico e persone in età lavorativa. “Abbiamo una risorsa molto importante chiamata risorse umane, possiamo proficuamente esportare manodopera”, ha detto a Reuters il ministro competente dell’esecutivo di Ruto, Alfred Mutua. Attualmente ricopre la carica di Ministro del Lavoro e della Protezione Sociale dal 8 agosto 2024. Prima di questo incarico, Mutua ha servito il Kenya come Ministro del Turismo e della Fauna Selvatica e come Ministro degli Affari Esteri e della Diaspora.
Non ci sono dati esaustivi sull’esportazione di manodopera africana all’estero. Ma Mutua ha detto che il governo del Kenya ha facilitato l’emigrazione di oltre 200.000 lavoratori negli ultimi due anni e mira a esportarne 1 milione all’anno per i prossimi tre anni.
Accordi con vari Paesi
Il Kenya sta negoziando accordi con altri paesi e collaborando con le scuole professionali per adattare i loro corsi alle richieste di manodopera straniere. Chicca raccontata da Reuters, un’università keniota sta ora insegnando la tosatura delle pecore con l’idea di inviare studenti in Australia. Le stesse politiche stanno per attarle anche in Etiopia e Tanzania.
Gli accordi di lavoro formali sono certamente per l’occidente preoccupato, un’opzione molto migliore rispetto alla difficile gestione dei grandi flussi migratori irregolari.
In Kenya, i critici dell’iniziativa migratoria accusano il governo di non riuscire a creare posti di lavoro in patria. Che in Medio Oriente milioni di africani vengono in realtà schiavizzati. Temuta anche la perdita di competenze necessarie sul proprio territorio, a partire da quelle fondamentali nel settore sanitario. Il governo si sta comunque continuando a muovere. Il Kenya ha negoziato con l’Arabia Saudita per assicurare opportunità di lavoro per i suoi cittadini. Col Regno Unito, ci sono stati colloqui per creare opportunità di lavoro nel settore sanitario e in altri settori. Il Canada è stato identificato come un altro mercato potenziale per i lavoratori kenioti.